Una centrale nucleare - foto Ansa

L'immobilismo italiano

Le emissioni di Co2 calano in Francia grazie al nucleare. Pichetto, che si fa?

Chicco Testa

Parigi è l'economia in Europa con la più bassa impronta di densità di carbonio grazie all'energia dei reattori: la media di emissioni per kWh prodotto nel 2023 è di 51 grammi, contro i 441 grammi della Germania. Alla faccia degli ambientalisti. L'Italia come risponde?

La media delle emissioni di CO2 per kWh prodotto nel 2023, pigliando in considerazione la media di tutte le fonti incluse le rinnovabili, è stata di 51 grammi In Francia e di 441 grammi in Germania. Nove (!) volte di più e peggio fa solo la Polonia. La Francia è in Europa di gran lunga l’economia con la più bassa intensità di carbonio. La ragione è chiarissima e sta nel contributo che l’energia nucleare da alla Francia. Quello a cui ha rinunciato la Germania. Con buona pace di tutti gli ambientalisti che considerano la lotta al cambiamento climatico, secondo loro la più grave emergenza ambientale del millennio, anche una lotta contro l’energia nucleare. In realtà una lotta solo contro la logica, la coerenza e il buon senso. Fortunatamente la Francia fa spallucce alle critiche e rilancia con l’accordo di praticamente tutte le forze politiche.

 

 

Il nuovo programma nucleare è impressionante per dimensioni e prevede: a) l’estensione della vita per buona parte dei reattori esistenti passando dai 40 anni inizialmente previsti a 60/70 anni e oltre b) la costruzione di 14 nuovi reattori EPR da 1.600 MW ognuno c) la realizzazione dei primi reattori SMR (small reactor modul) d) investimenti in nuove tecnologie fra cui l’iniziativa dell’italiana Newcleo. Per raggiungere questi obbiettivi, EDF ha dichiarato che dovrà assumere fra le 10 e le 15.000 persone all’anno nei prossimi 10 anni. Rappresentanti di EDF si presentano ormai regolarmente agli open day delle facoltà di ingegneria italiane per reclutare i nostri ingegneri. Di questo programma beneficia da anni e beneficerà anche l’Italia che l’anno scorso ha segnato il record di importazioni di elettricità dalla Francia, diventate ormai fondamentali non solo per i nostri consumi ma anche per la sicurezza delle sistema elettrico italiano in termini di potenza. Poi c’è l’Inghilterra che prevede al 2050 una ventina di nuove centrali nucleari (20 GW) nonostante intenda realizzare anche 100 GW di eolico off-shore, giustificati dalle 5.000 ore di vento là presenti contro le 3.000 al massimo di pochi siti italiani in mare. E l’Italia che fa?
 

Timidissimi passi in avanti in attesa di quello che ancora non c’è. Il Ministro Pichetto Fratin ha sdoganato l’energia nucleare facendo cadere le barriere ideologiche nei suoi confronti, ma poco di più. Si dichiara fiducioso nei confronti di una tecnologia che ancora non c’è, quella dei micro reattori, e delega ai privati l’iniziativa quando sarà il caso. In compenso elargisce ed elargirà incentivi abbondanti a iniziative poco significative dal punto di vista della sicurezza energetica e dell’abbattimento dei costi come le Comunità energetiche, l’agrofotovoltaico e l’eolico off-shore galleggiante. Anni luce lontani dalla Francia e dall’Inghilterra. Eppure ci sono cose che si potrebbero fare subito a cominciare dal rafforzamento delle strutture di controllo e di certificazione senza le quali nessuna iniziatica è possibile. Stessa cosa per la regolazione e il disegno del mercato elettrico con prezzi predeterminati. E partecipare in maniera importante ai tavoli europei in cui di questo si discute. L’obiezione principale contro il nucleare è oggi di natura economica. Costa troppo si dice sulla base dei ritardi e dell’aumento dei costi delle ultime centrali.
 

Ma questo non spiega perché in altre parti del mondo (Corea del Sud, Paesi arabi) il costo dell’energia prodotta è assolutamente allineato al mercato e si può essere ragionevolmente fiduciosi sul fatto che migliori procedure autorizzative e la messa in campo di un così alto numero di costruzioni possano portare a una drastica riduzione dei costi. Comunque ampiamente inferiori alla gigantesca quantità di incentivi elargiti alle fonti rinnovabili. Senza considerare i costi associati per garantire la riserva a fonti intrinsecamente intermittenti e non programmabili, per la sicurezza e la stabilità del sistema. Il Green Deal prevede non solo l’aumento delle quote di energia elettrica decarbonizzata, ma anche almeno il raddoppio dell’impiego di energia elettrica negli sui finali (auto elettriche, pompe di calore, ecc.). Pensare di raggiungere questi obbiettivi senza l’apporto dell’energia nucleare che ancora copre il 25% dei consumi attrici europei è pura illusione.

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