Viktor Orbán (foto Ap, via LaPresse) 

La Situa

Per il centrodestra è meglio avere più di Ursula e meno Orbán

Claudio Cerasa

Il presidente ungherese ha giocato la solita partita in Europa: ha minacciato ancora una volta di far saltare un tavolo (questa volta sui nuovi finanziamenti all’Ucraina) e come al solito alla fine ha accettato di votare insieme a tutti gli altri. Cosa la destra dovrebbe capire

Quello che leggerete qui è un estratto dalla newsletter del direttore Claudio Cerasa, La SituaPotete iscrivervi qui, è semplice, è gratis.

   


    

Il presidente ungherese, lo avete visto, continua a essere uno dei principali protagonisti del dibattito politico in Italia, oltre che in Europa. In Europa, Orbán ha giocato la solita partita: ha minacciato ancora una volta di far saltare un tavolo (questa volta sui nuovi 50 miliardi che l’Ue ha destinato all’Ucraina) e come al solito alla fine ha accettato di votare insieme a tutti gli altri (per evitare di perdere finanziamenti preziosi dall’Ue, su altre partite).

Orbán però è stato protagonista anche per altre ragioni.

Primo: il caso Salis. Tema: la reazione timida dei partiti guidati da Meloni e Salvini rispetto alle immagini della imputata italiana con le braccia e i piedi legati.

Problema: Orbán è un punto di riferimento culturale per Salvini (che non a caso ha parlato più del passato sinistrorso di Salis che del presente minaccioso dello stato di diritto ungherese) e un possibile alleato per Meloni (Orbán dovrebbe entrare nell’Ecr, gruppo politico europeo che Meloni guida) e dunque una storia facilmente gestibile (bastava dire: non si trattano così gli imputati) è diventata una storia che il governo ha faticato a gestire (Lollobrigida è riuscito a dire: devo vedere bene le immagini prima di esprimermi).

Per il futuro: per la destra, meglio avere un po' più di Ursula e un po' meno Orbán. Se non prima delle elezioni, quantomeno dopo.

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.