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il gioco delle parti

Sul caso Salis, Meloni e Salvini giocano al poliziotto buono e cattivo

Simone Canettieri

Il leader della Lega attacca, Meloni abbozza ma la pensa come lui. Il procuratore generale fa visita all'italiana. La Coldiretti a Bruxelles per incontrare la premier

Bruxelles, dal nostro inviato. Sono il poliziotto buono e quello cattivo del “caso Salis”. Giorgia Meloni e Matteo Salvini, gratta gratta, la pensano quasi alla stessa maniera sulla ragazza italiana comparsa in ceppi – mani, piedi e guinzaglio – in un’aula del tribunale di Budapest. Ce l’hanno con la sinistra che se la prende con Orbán. Certo, il leader della Lega, in versione l’ “’Ispettore Matteo”, tira fuori cartucce dal Viminale (fasulle). Dice che la 39enne non può tornare a fare la maestra e la dipinge come facinorosa accusandola di aver assaltato nel 2017 un gazebo della Lega (falso). Questione di stile e propaganda, perché intanto Meloni è stata costretta a muoversi presso “l’amico Viktor” sotto la spinta dell’opinione pubblica. Tuttavia premier e vice, che qui a Bruxelles sembrano darsi il cambio, sono abbastanza compatti sulla vicenda. Parlano a elettorati simili. E ci sono le europee, no?

Salvini è venuto a Bruxelles per una conferenza sulle Alpi, ma anche per incontrare le truppe elette a Strasburgo. Agli eurodeputati, che usciranno decimati dalle urne, conferma la presenza del generale Vannacci in lista, come testa di serie, spiegando che la circoscrizione del Nord Est la vuole tenere libera, però. “Ho chiesto a Luca Zaia di correre”. Peccato che il governatore del Veneto, anche egli qui per una conferenza stato-regioni europea, non sembri molto convinto. Salvini incontra e si fa fotografare con Donatella Tesei, governatrice umbra a forte rischio conferma, ma evita Zaia, che passa la serata in ambasciata per una festa a base, ovviamente, di prosecco e specialità regionali. Salvini riparte per l’Italia, mentre Meloni atterra. Ad attenderla ci sono i vertici della Coldiretti arrivati con Ita, e non con il trattore, per partecipare alla manifestazione di oggi sotto i palazzi delle istituzioni europee.

“Siamo qui per incontrare Meloni – dice Prandini al Foglio – la presidente si sta facendo valere in Europa, è una voce ascoltata. E otterremo subito anche la cancellazione della regola assurda del 5 per cento sui terreni non coltivabili”. Ormai siete la corporazione di Fratelli d’Italia. “No, la storia della mia associazione è nota: abbiamo sempre collaborato con tutti i governi per cercare di migliorare dall’interno il nostro settore”. Fratelli di Lollobrigida? “Il ministro ascolta il nostro mondo”. Sarebbe il commissario Ue che vuole la Coldiretti? Ancora Prandini: “Al di là dei nostri auspici, non so se accadrà, la vedo difficile. Occorre capire anche il ruolo che avrà, semmai, Mario Draghi”. La farete finita di bloccare le strade con i trattori altrimenti sarete equiparati ai ragazzi di “Ultima generazione” che manifestano per motivi opposti? “Non paragonateci a loro, ma posso assicurarle che tra i manifestanti solo una minima parte di loro è iscritta alla Coldiretti. Le cose tanto si decidono a Bruxelles, ecco perché siamo qui e perché incontreremo Giorgia”. La volete capolista? “Sarebbe un’ottima mossa per il suo partito”.

 

Tutto si intreccia a Bruxelles, dove le immagini di Ilaria Salis sono diventate un fatto di una certa importanza. Non a caso se ne parlerà, su spinta dei Socialisti, lunedì al Parlamento europeo. Il triangolo ormai è chiaro: Salvini-Meloni-Orbán. Allora, notizia: la telefonata della premier, intanto, ha prodotto un fatto. Ieri il procuratore generale Peter Polt ha incontrato Salis in carcere e ha promesso alla Farnesina un rapporto sulla detenzione dell’arrestata. La trattativa, in mancanza di una richiesta formale di estradizione per far scontare i domiciliari alla donna in Italia, è ancora in alto mare. La vicenda potrebbe prendere un’accelerazione da queste parti perché Meloni e il presidente ungherese si vedranno al Consiglio europeo e, magari a margine, parleranno di questa vicenda. Sulla quale gli spifferi di Palazzo Chigi spiegano: “Non rispondiamo alle opposizioni, figuriamoci se rispondiamo a Salvini”.

Non è irritazione, nei confronti della Lega, ma postura. C’è chi ricama sul fatto che il Carroccio sia così duro su Salis per difendere il leader di Fidesz sperando che possa entrare dentro Id, il gruppo di ultradestra salviniano. Dalle parti di Fratelli d’Italia dicono che alla fine Orbán farà la cosa giusta:  un salto nel cerchio dei Conservatori di cui Meloni è la presidente in Europa. Cortesie per Viktor, dunque. Rimangono due approcci diversi, questo sì. Il “commissariato Carroccio” è spietato e sembra quasi vanificare, a parole, il lavoro diplomatico di Meloni schierandosi con la giustizia ungherese. Palazzo Chigi gioca un altro ruolo molto più istituzionale, così come la Farnesina. Un approccio che tranquillizza anche il Quirinale. Nel merito, come spiega il dispaccio “Ore 11” ovvero la nuova Agenzia Stefani diretta dal sottosegretario Fazzolari, “il problema in questa storia è la sinistra”. Meloni si è attivata per Salis, come fece d’altronde dall’opposizione nel 2013 quando 120 tifosi della Lazio vennero fermati a Varsavia, in Polonia, dalla polizia. Altri tempi. Ora la presidente del Consiglio dà del tu ai leader europei. Da Orbán (che dovrà convincere a non mettere il veto sugli aiuti all’Ucraina) ai grandi di Francia e Germania, Macron e Scholz, che partiranno con lei a fine mese per l’Ucraina.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.