La protesta di Elly

Schlein contro la lottizzazione in Rai, Orfeo prigioniero politico

Salvatore Merlo

La segretaria dem prepara il sit-in contro tele Meloni: la purezza del Pd d'altronde è una garanzia

Ella, cioè Elly, l’ha detto con chiarezza: “Il Pd non starà a guardare” la destra che lottizza la televisione di stato. Ecco. Giusto. “Organizzeremo un sit-in alla Rai per difendere la libertà di stampa e il valore di un servizio pubblico che non può essere TeleMeloni”. Il 7 febbraio. Dunque: girotondo attorno al cavallo (morente) di Viale Mazzini.  Ora, a parte le sciocche ironie sul fatto che il 7 febbraio inizia Sanremo e dunque il palazzo Rai di Viale Mazzini sarà all’incirca vuoto, a parte questo dettaglio insignificante, la questione della protesta è seria. Per capire infatti l’amarezza e la contrarietà contenuta in queste parole della segretaria del Pd bisogna ricordare che durante  tutti questi anni di lottizzazione generalizzata, l’onorevole Schlein e i dirigenti del Pd, da Paolo Gentiloni a Dario Franceschini, hanno vissuto all’estero dove si sono  dedicati principalmente alla entomologia e al giardinaggio. Lontani dalle cose italiane, alieni da qualsivoglia aspirazione di potere, restii persino a ricevere notizie da amici e da parenti, risoluti soprattutto a evitare ogni contatto con le persone e gli ambienti della Rai, gli uomini del Pd non hanno mai nominato membri del cda, direttori del Tg1, del Tg3, del Tg regionale, vicedirettori a grappolo, capiredattori a schiovere, capocronisti in Toscana e in Emilia, e soprattutto mai hanno promosso autori  e conduttori, favorito carriere nei talk-show o chiesto che la Rai raccogliesse le virgole del deputato o del trombone di partito chiamati al dibattito del nulla. Mai. E’ infatti inspiegabile perché Giuseppe Conte abbia detto che non parteciperà alla protesta. 


E d’altra parte non è vero che, persino adesso, il Pd ha nominato il direttore del Tg3, due vicedirettori al Tg1, uno al Tg2, il direttore della distribuzione, la direzione Ict, il direttore di Rai Cultura, il direttore di Rai Fiction e il direttore di Radio 3. E non è vero nemmeno che il Pd ha trattato attraverso il portavoce di Elly Schlein, Flavio Alivernini, per scambiare con la destra il capo del Tgr Lazio con quello del Tg3 Emilia-Romagna. Mai. Anzi. “Giù le mani dalla televisione pubblica”. Dunque basta lottizzazione, a destra. E’ ora di smetterla. Vergogna. Sit-in! Girotondo! Insomma ha ragione Francesca Bria, membro del cda della Rai, che ieri ha spiegato a Repubblica (e a chi sennò?) come “la Rai soffoca per il controllo politico”. E’ proprio vero. E lei, Bria, può ben dirlo perché non è mica stata indicata nel consiglio d’amministrazione della Rai da Andrea Orlando, cioè dal Pd, ovvero dalla politica. No. Niente affatto. Il Pd, peraltro, non esercita mica il potere. La verità, basta ascoltarli, è che nel partito di Elly, anzi di ella, cioè di Schlein, i dirigenti  hanno tutti l’anima del Cincinnato: la politica li ha inopinatamente sottratti alla floricoltura, il loro ideale sarebbe di vivere ignorati da tutti, specialmente dalla Rai, nascosti tra i libri e le rose. Capito? E allora tutti a protestare, il 7 febbraio! Anche se non viene Conte. Davanti ai cancelli di Viale Mazzini. Chissà se andrà anche Francesco Boccia, capogruppo del Pd al Senato. L’occasione sarebbe buona, il senatore potrebbe così andare a trovare in Rai sua moglie, Nunzia De Girolamo, conduttrice di “Avanti popolo” (ammesso che quel giorno De Girolamo non sia andata anche lei a Sanremo come il resto della tv di stato). Lo vedremo. E’ probabile però che Mario Orfeo, il bravissimo direttore del Tg3, a quel punto si dichiari ufficialmente prigioniero politico della destra, mentre Schlein guida la marcia del partito che ha sempre fuggito con orrore gli obiettivi di controllo in Rai, stando negli ultimi dieci anni al governo dell’azienda unicamente per spogliarsi di ogni potere e per esercitare la beneficenza e il pluralismo,  in una ossessione di disinteresse e di disdegno dei beni terreni che porterà i dirigenti del Pd prima o poi sugli altari. Ragione per la quale la protesta si accompagna infatti  alla proposta: una riforma della Rai. “Modello Bbc”, dicono gli uomini di Schlein. “Basta politica nella tv pubblica”. Cambiamo tutto. Riformiamo. Ripuliamo. Liberiamo. Ecco. Chissà perché questa benedetta riforma della Rai però non l’hanno fatta quando governavano, ma la vogliono fare ora che governano gli altri. Ah, saperlo.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.