Ugo Sposetti (LaPresse)

L'intervista

L'ex tesoriere dei Ds Sposetti: "Schlein faccia come Togliatti e Berlinguer, si candidi”

Marianna Rizzini

“Ora il Pd ha bisogno che la segretaria sia visibile durante tutta la campagna elettorale, peraltro lunga, da qui a giugno e con le amministrative in mezzo", dice Sposetti. I sondaggi sulla candidatura?  “Tanto interessanti quanto interessati. Meglio ascoltare le voci al bar e in autobus"

Candidarsi o non candidarsi alle Europee, questo è il dilemma per un leader di partito o di governo, oggi. Ma non per Ugo Sposetti, ex tesoriere dei Ds, a lungo parlamentare, memoria storica dell’ex Pci e custode di quel passato (non a caso è lui il presidente dell’Associazione Enrico Berlinguer e il curatore della mostra “I luoghi e le parole di Enrico Berlinguer”, al Mattatoio di Roma fino all’11 febbraio). “Elly Schlein, in quanto segretaria del Pd, a mio avviso deve candidarsi. Punto”, dice Sposetti.

Dovrebbe insomma fare il contrario di quello che le ha consigliato Romano Prodi? “Sì”, è l’opinione dell’ex tesoriere. E non solo da Prodi, veniva il consiglio, ché sono settimane che il mantra prima sussurrato “Elly non candidarti” si è fatto quasi coro tra i media e il Nazareno. Freddi all’idea della candidatura sono parsi infatti l’ex segretario dem Enrico Letta e l’ex avversario nella corsa per le primarie Pd nonché presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, ma anche in area Andrea Orlando non si sono visti salti di gioia. Per non dire, sul lato mediatico, dell’area Repubblica, giornale tradizionalmente amico del Pd nel cui alveo ultimamente sono maturate parole di dissuasione, tra cui quelle pronunciate qualche giorno fa a “Piazzapulita”, su La7, da Michele Serra: “Schlein non dovrebbe candidarsi alle Europee”, ha detto Serra, “sarebbe una candidatura di bandiera; faccia la segretaria del Pd che è un lavoro molto complicato”.

Sposetti pensa invece che Schlein dovrebbe fare un po’ come il leader storico del Pci Palmiro Togliatti, anche se il paragone riguarda un’epoca in cui ancora non esistevano le Europee (“Togliatti alle Politiche del ’53 si candidò e non soltanto a Roma, anche se poi optò per Roma, facendo eleggere a Torino un operaio Fiat, primo dei non eletti”) . Soprattutto, secondo l’ex tesoriere, la segretaria dem dovrebbe seguire le orme di Berlinguer in persona (“Berlinguer nell’84 non si candidò alle Europee pensando di andare davvero al Parlamento europeo, però si candidò, tanto più che si era in pieno scontro per il decreto sulla scala mobile”).

 

E insomma, dice Sposetti, “ora il Pd ha bisogno che la segretaria Schlein sia visibile durante tutta la campagna elettorale, peraltro lunga, da qui a giugno e con le amministrative in mezzo. Quella di giugno è una tornata elettorale molto importante, dove ci sarà molta politica. Le Europee sveleranno una serie di dati: quanto raccoglie la destra estrema in termini di consensi in Europa? Quanto e dove il populismo ha davvero attecchito? A un appuntamento carico di questa valenza politica non si può andare senza che la segretaria del Pd si candidi in tutte le circoscrizioni, per far comprendere all’elettorato la sua idea di Europa e portare in prima linea il suo Pd. Ripeto: il Pd ha assolutamente bisogno che la segretaria sia in prima linea per tutto l’arco della campagna elettorale, vista anche la concomitanza del voto amministrativo: si comincia a fine febbraio in Sardegna, si prosegue con l’Abruzzo e si arriva alle Europee, accorpate con il voto regionale in Basilicata, Piemonte e Umbria. Il fatto di avere Schlein candidata può aiutare anche in appuntamenti apparentemente meno significativi di quello per il Parlamento europeo. E quindi sinceramente non capisco la virulenza di alcuni attacchi giornalistici rivolti alla segretaria, cose mai scritte per criticare un segretario uomo”.

Ci sono anche i sondaggi che dicono: tu devi candidarti, tu no. “Sì, sondaggi tanto interessanti quanto interessati”, dice Sposetti, che consiglia piuttosto di ascoltare “le voci al bar” e di “mettersi a orecchiare le chiacchiere in autobus o in metropolitana: quanti cittadini sanno che si vota a giugno per il Parlamento europeo? Pochi, pochissimi”. 

 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.