L'intervista

Pozzolo: "Per tutelare Delmastro vogliono buttarmi giù dalla torre: non ci sto"

Simone Canettieri

Parla al Foglio il deputato sospeso da FdI: "Non capisco perché il sottosegretario dica che si trovasse a Canicattì al momento dello sparo: Andrea non era a 300 metri, la verità uscirà fuori, il colpo non è partito dalla mia mano"

“Dentro Fratelli d’Italia stanno accadendo cose strane, si cerca di uccidere me per salvare altri”. La linea sarebbe quella di parlare solo con i magistrati perché “esclusivamente in quella sede uscirà fuori la verità, tutta la verità: ne sono sicuro”. Tuttavia, dopo venti minuti di colloquio con il Foglio, alla fine qualche colpo scappa lo stesso a Emanuele Pozzolo, il deputato sospeso da Fratelli d’Italia dopo l’ormai celebre notte di Capodanno: il veglione con il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro finito con un colpo di pistola e un ferito. Queste sono le uniche certezze. 


“E pensare che prima di tutto questo mi stavo occupando del Piano Mattei”.

Onorevole Pozzolo, davvero Giorgia Meloni aveva scelto lei per illustrare alla Camera il decreto sul grande progetto del governo per l’Africa? Insomma, altro che peones scappato di casa, ultima fila dei patrioti al governo della nazione. Il mitico Piano Mattei sarebbe dovuto passare da lei prima di diventare legge dello stato?

“Sì, sarei dovuto intervenire in Aula, prima mi sentivo spesso con Giorgia”.

In mezzo però c’è stato il colpo partito dal suo mini revolver la notte di Capodanno a Rosazza a cui hanno partecipato, tra gli altri, il sottosegretario Delmastro con il caposcorta, Pablito Morello (ex Porcello) accompagnato dalla famiglia. Lei ha sempre detto di non aver sparato.

“E’ un momento complesso, ma confido che la verità emerga. Capisco il clamore mediatico per il ruolo che ricopro, però è un fatto di cronaca che devo affrontare con i magistrati. Sono passato sui media come un parlamentare della repubblica, fattone, che si è presentato in una sala piena di gente e ha tirato fuori la pistola e ha sparato due colpi, tipo Terence Hill, colpendo un tizio. C’è una sproporzione rispetto alla realtà di cui non mi capacito: c’è una verità fattuale e giuridica che mi accomuna a qualsiasi cittadino”.

Pozzolo è scosso dalle minacce e dalle immagini circolate in rete dei suoi figli a testa in giù.

“Capisco le logiche del partito, capisco che Giorgia Meloni deve pensare ai problemi della nazione, ma se quelle immagini così violente avessero toccato un’altra famiglia, e ci siamo capiti, ci sarebbe stata subito la controreazione. Non mi sento una vittima e non faccio la vittima. Ma è tutto spropositato”. 


E’ passato come il pistola di Fratelli d’Italia.

“Guardate le mie interrogazioni, la mia attività in Aula. Mi sembra di aver lavorato bene e di non essere mai stato un tipo sopra le righe”.

Per essere chiari: è la presenza di Delmastro che fa ancora gonfiare questo caso.

“Me ne rendo conto”.

La versione del sottosegretario che esce da solo nella notte e cammina per trecento metri con le buste degli avanzi di cibo da riporre in auto secondo molti, a partire da Matteo Renzi, non è credibile. Segue un lungo sospiro del deputato che decine di volte si appella alla verità processuale che emergerà.

“E combacerà con la mia, con i fatti di quella notte. Posso perdere molto, ma non accetterò mai di affermare qualcosa che non è la verità”. 

Comunque onorevole, è una vicenda che non sembra affatto chiara, anzi. “E’ molto complessa”. Insistiamo: la sua verità sembra contrastare con quella del sottosegretario alla Giustizia. “Andrea è come mio fratello Michele, almeno fino alla notte di Capodanno poi è scomparso, non ci siamo più sentiti. Non eravamo amici, ma fratelli. Però ora sembra che si voglia tutelare più un terzo  e buttare giù dalla torre me”. 


Giovanni Donzelli, coordinatore di Fratelli d’Italia, dice che l’errore politico è stato la leggerezza nel non custodire la pistola e che l’identità di chi sparato non cambia la sua posizione, Pozzolo. Domanda con traduzione: Donzelli sta forse dicendo così per difendere l’eventuale possibilità, di cui si è parlato, che a sparare sia stato il  caposcorta di Delmastro?

“A naso direi di sì. La nota di Donzelli mi farà riflettere tutta la notte”. 

Nel partito c’è il terrore che  a sparare possa essere stato il caposcorta. Ma  tutto ruota intorno alla presenza, o meno, di Delmastro: dentro FdI dicono che lei  ha confermato che il sottosegretario non era nella sala al momento dello sparo. E questo li rincuora.

Lungo silenzio: “...ehhhh... Sono rincuorati? Sono contento”.

C’è chi dice che invece Delmastro fosse dentro e  poi uscito.

Trecento metri in quel contesto sono tanti... Questa è una valle alpina piccola, molto stretta:  trecento metri qui non sono come i trecento metri di Roma. E’ facile capire che c’è stata un’esagerazione. Ma non capisco perché esagerare troppo: non so se porta bene nella ricerca della verità”.

Comunque se alla festa c’erano 27 persone, se a sparare è stato il caposcorta   e Delmastro era  lì davanti, un testimone uscirà fuori.

“No, davanti non è vero”.

Nelle immediate vicinanze.

“Ecco. Invoco la verità. Andrea davanti non c’era, bisogna essere onesti. Che poi lui abbia esagerato dicendo che era a Canicattì è un’altra questione, di cui fatico a comprendere l’utilità. Non capisco perché, lui non era sicuramente un protagonista effettivo”.  

La differenza è che se uno viene chiamato a testimoniare e dice che si trovava fuori a 300 metri  di distanza, può dire di non aver visto niente.

“Sì, certo. Se  ha dichiarato questo io non lo posso sapere. Non ho contezza dei verbali”.

A 300 metri non avrebbe visto il caposcorta sparare, per esempio.

“Certo, chiaro. Lo capisco. E’ possibile”.            
 

Matteo Renzi nel question time in Senato con il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha detto che qualcuno sta mentendo e che Delmastro e la scorta si stanno proteggendo a vicenda e che difficilmente una scorta lascia da  solo un politico la notte di Capodanno in un parcheggio distante trecento metri: Renzi non ha tutti i torti, non crede?

“Direi proprio di sì”. 

Qualcosa intanto sta bollendo dentro Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni ha scelto di commissariare la federazione provinciale di Vercelli, retta da Pozzolo fino alla sua sospensione, con Sara Kelany, 45 anni, avvocato di Formia (Latina), eletta alla Camera nella circoscrizione Lombardia 2. Un’emissaria romana per far dimenticare il deputato sparatore, certo, ma togliendo qualsiasi possibilità di scelta anche a Delmastro, ras di quello spicchio di Piemonte.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.