Il retroscena

Pozzolo dice che a sparare è stato il caposcorta di Delmastro: panico in Fratelli d'Italia

Simone Canettieri

Il deputato sospeso continua a dire che a Capodanno il colpo non è partito a lui. Nel partito di Meloni adesso c'è preoccupazione per la posizione del sottosegretario alla Giustizia. Oggi Renzi interroga Nordio   

Lo ha detto dal primo momento. Lo ha spiegato al presidente del gruppo parlamentare di FdI da cui è stato sospeso, Tommaso Foti, che è andato a trovarlo nei giorni scorsi. Lo giura sui suoi figli. Lo  ribadirà ai magistrati. “Non sono stato io a sparare la notte di Capodanno”. La versione del deputato Emanuele Pozzolo, in attesa delle risultanze dello stub, sta gettando in ansia il partito di Giorgia Meloni. In Transatlantico i patrioti non parlano d’altro. Perché in questa storia, a metà fra “Todo modo” e un romanzo di Piero Chiara, sembra esserci qualcosa che non torna. E che riporta alla ribalta il ruolo di Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia ultrameloniano, presente la notte dello sparo alla festa, organizzata dalla sorella-sindaca a Rosazza, in compagnia della scorta. A rimanere ferito dal colpo del mini revolver di Pozzolo è stato Luca Campana, marito della figlia del caposcorta di Delmastro, l’ispettore capo della penitenziaria Pablito Morello (cognome cambiato nel ‘96: si chiamava Porcello).   

 

Giorgia Meloni il giorno della conferenza stampa di inizio anno ha chiuso il caso Pozzolo con parole inappellabili: “La questione è che chiunque detenga un’arma ha il dovere legale e morale di custodire con responsabilità e serietà quell’arma”. Pozzolo però sta ripetendo ai vertici del partito che il colpo sarebbe partito al caposcorta di Delmastro, Morello, e che – versione tutta da verificare – il sottosegretario al momento dell’incidente si trovava nella sala dove si stava festeggiando l’arrivo del 2024 con tutti gli altri invitati. E quindi non era, come dichiarato subito, in un parcheggio a duecento metri di distanza a caricare da solo in auto gli avanzi del cenone. Sono due versioni contrapposte e che stanno facendo piombare in ansia il partito di Via della Scrofa. 

 

Anche perché il caso – al di là dell’inchiesta della procura e dell’attività disciplinare dei probiviri di FdI – non sembra chiuso. Matteo Renzi, che dal primo giorno chiede le dimissioni di Delmastro, oggi in Senato interrogherà il ministro della Giustizia Carlo Nordio, competente sul Dap, che ieri al Foglio ha detto “di non sapere più di quanto ho letto in questi giorni”
Il leader di Iv, unico nel campo dell’opposizione, dal primo momento ha parlato di “caprone espiatorio” nei confronti di Pozzolo, lasciando intendere di presunti rapporti opachi fra Delmastro e la penitenziaria locale di Biella. “La vicenda dello sparo di Capodanno è molto più grave di quello che sembra. Siamo gli unici che continuano a chiedere le dimissioni di Delmastro: un motivo ci sarà, no?”. 

Parole, illazioni, spifferi della procura che rimbalzando a Roma, nella bolla del Parlamento, iniziano a preoccupare non poco i vertici di FdI. “Che succede se Pozzolo, comunque non perdonabile perché  ha tirato fuori un’arma, dicesse il vero? Che succederebbe ad Andrea, già rinviato a giudizio per il caso Cospito?”.  Il problema è la difesa del sottosegretario meloniano, braccio destro e sinistro della premier in quello spicchio di Piemonte, fedelissimo della leader fin dai tempi della scissione dal Pdl quando era assessore a Biella e l’attuale caposcorta, Morello, sedeva tra i banchi del consiglio comunale.  Dunque un compagno di partito e di battaglie politiche a tutti gli effetti, diventato il suo angelo custode (modalità abbastanza inusuale, se non inedita). Questa storia, dal finale ancora forse da scrivere, rischia di diventare altro rispetto alla polemiche sul parlamentare pistolero e su una classe dirigente, quella di FdI, considerata non sempre all’altezza. Delmastro, scomparso dai radar, si dice tranquillo. Non c’era e l’arma non era nelle mani di Morello. Dalla sua ha le testimonianze della sorella e della famiglia del caposcorta (compreso il ferito che dopo tre giorni ha sporto querela), l’assessore Davide Zappalà e il consigliere Luca Zani, tutti di FdI. Eppure in Via della Scrofa sono  più agitati che mai. Sete di verità o ansia da brutte sorprese? Di sicuro il deputato si sta lamentando, in pubblico e privato, di essere stato scaricato dal sottosegretario, che in passato è stato il suo mentore.  

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.