Matteo Renzi (Ansa)

Il caso

Sparo di Capodanno, nel mirino di Renzi c'è Delmastro: "Scoppierà il bubbone"

Simone Canettieri

Il senatore di Iv interroga Nordio che si rifugia dietro al segreto istruttorio. Dentro FdI prendono sul serio la linea di Pozzolo: non è stato lui a sparare. Faro sul caposcorta del sottosegretario

“Statene certi, scoppierà il bubbone: questa storia dello sparo di Capodanno non è chiusa. Delmastro non ha detto tutta la verità, ma basterà aspettare. Abbiate fede”.  Con il fare di chi la sa lunga, Matteo Renzi passeggia nel salone Garibaldi del Senato lasciando cadere sul parquet premonizioni che i cronisti sono costretti a raccogliere. Il capo di Italia viva dal primo giorno dell’anno, appena la notizia della pistola di Emanuele Pozzolo è diventata nota, si è gettato sul caso. Modalità segugio. Chiedendo le dimissioni del sottosegretario alla Giustizia di fede meloniana, lasciando perdere il “caprone espiatorio” Emanuele Pozzolo. Ecco perché ha appena finito di interrogare sulla vicenda il Guardasigilli Carlo Nordio, apparso, per i maliziosi, un po’ in imbarazzo.  

In Aula Renzi, ripercorrendo il veglione andato in scena a Rosazza, dirà che il sottosegretario non era in quella sala al momento dell’esplosione che ha ferito il genere del capo della scorta di Delmastro. Il quale non si è capito se era uscito a buttare la spazzatura o a caricare la macchina, però ci è andato da solo: tutti gli agenti di polizia penitenziaria che “noi paghiamo” per stare a proteggerlo non c’erano. “E’ chiaro che qualcuno sta mentendo agli italiani”. 

Al momento di rispondere Nordio non farà altro che “inchinarsi al segreto istruttorio”. Una forma elegante per dire che con un’inchiesta in corso “sarebbe improprio, forse addirittura delittuoso, se rivelassi qui cose, ammesso che le sapessi e che in verità non so, il segreto istruttorio in questo caso è stato per fortuna doverosamente tutelato”. Il ministro della Giustizia nel suo intervento legge degli appunti. La storia è complicata. Pozzolo dice che non è stato lui a sparare. Agli amici e ai colleghi di partito indica – in attesa di essere ascoltato dai pm – il caposcorta di Delmastro, Pablito Morello, come responsabile del gesto. L’uomo che avrebbe spinto in grilletto, seppur in maniera involontaria. 

Renzi si è molto appassionato a questo caso. Parla e invoca il “pudore istituzionale”. E cita i rapporti di Delmastro con la polizia penitenziaria, bacino di voti e di amicizie. Ci sono insomma due versioni opposte, poi il ruolo di un sottosegretario di ultrafede meloniana, già nei guai per il caso Cospito, che nel frattempo è scomparso da tutti i radar: oggi è passato un attimo alla Camera poi è ripartito direzione Biella. 
 

Nordio non può che ribadire l’importanza del segreto istruttorio, ammettendo che davanti a novità giudiziarie sarà pronto a intervenire politicamente. Renzi chiede le dimissioni di Delmastro dal primo giorno. Anche il Pd, con Anna Rossomando, spinge su questo tasto: dimissioni. Stessa cosa, a distanza, Nicola Fratoianni per Sinistra Italiana. L’aula è vuota. Dai banchi della maggioranza nessuna osa levare una voce. Anzi c’è qualche forzista che annuisce alle stoccate dell’ormai ex rottamatore, che oggi compie 49 anni. 

Dagli scranni i senatori di Iv e Pd passano ai raggi x le dichiarazioni di Delmastro su quanto avvenuto quella notte a Rosazza e quindi sul fatto che avesse detto di essere distante dalla scorta al momento dello sparo. Un comportamento che Nordio assolve bonariamente: “Vorrei che molti, anche rappresentanti di governi precedenti ed ex ministri della Giustizia, mi affermassero sul loro onore che non hanno mai contravvenuto alle regole della tutela: che non sono mai scappati, come si dice, dalla scorta seminandola. Con me non avviene, ma io temo che questo sia accaduto nel passato”.  

Colpisce al di là del gioco delle parti la reazione del partito di Giorgia Meloni. Davanti alla richieste di dimissioni per Delmastro nessuno lo difende. Non c’è una voce di un capigruppo, di un sottosegretario, di un peones. Non si organizzano le consuete batterie di dichiarazioni. I vertici di Via della Scrofa contattati dal Foglio: “Le ricostruzioni divergono su tutto tranne sul fatto che Delmastro non c’era e di questo ne siamo sicuri. Per il resto chi ha sparato cambia poco: diventa un tema politico se è stato un esponente di Fratelli d’Italia, se invece è stato qualcuno della scorta poco cambia”. Il caso continua. Meloni non fa salti gioia.
   

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.