(foto LaPresse)

Il caso

L'alleanza al contrario. I sindaci del Pd hanno la Lega in “comune”

Luca Roberto

Perché sul terzo mandato e sull'applicazione della legge Severino i primi cittadini dem trovano più sponde nel Carroccio che nella segretaria Schlein. Ricci: "Sono dieci anni che chiediamo la revisione del reato di abuso d'ufficio". Nardella: "Non è giusto trattare i sindaci peggio degli altri politici"

Non chiamatelo asse rossoverde. Ma almeno su due-tre dossier caldi è quantomeno un allineamento di speranze. Sull’abolizione del limite di mandati per gli amministratori locali, sulla revisione del reato d’abuso d’ufficio, su una diversa applicazione della legge Severino, la pensa come la Lega almeno la parte del Pd più direttamente coinvolta nella materia: ovvero sindaci e presidenti di regione. Dice al Foglio il primo cittadino di Pesaro Matteo Ricci, coordinatore uscente di tutti i sindaci dem, che l’applicazione del principio per cui si decade come amministratori solo dopo una sentenza definitiva è “una misura che dovrebbe piacere a tutti coloro che credono nella giustizia e nello stato di diritto. Sono tantissimi i casi degli amministratori condannati in primo grado per reati minori, poi assolti in appello o Cassazione, e nel frattempo decaduti. Uno dei casi più eclatanti è stato quello del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, prima decaduto per abuso d’ufficio, poi assolto e ora di nuovo alla guida del Comune. Una storia assurda”.

 

Sulla Severino voleva intervenire, equiparando sindaci e parlamentari, un emendamento della Lega, nelle pieghe del ddl Nordio, trasformato ieri in un ordine del giorno approvato, insieme all’abolizione del reato di abuso d’ufficio, dalla maggioranza più Iv ma non da Pd, M5s e Avs. “Siamo d’accordo sul togliere la sospensione dopo il primo grado, eccezion fatta per reati associativi (come mafia e concussione). Ma l’odg della maggioranza non faceva distinzioni e per questo abbiamo votato contro. Ne presenteremo uno nostro in tal senso”, ci fa sapere il senatore del Pd Walter Verini, che siede in commissione Giustizia al Senato. Secondo il sindaco di Firenze Dario Nardella la trasformazione dell’emendamento in odg “è un segnale di debolezza”. In più “per superare alcune storture della Severino sono state depositate da tempo proposte del Pd a prima firma di Parrini e Rossomando, che io condivido. Non ha senso trattare i sindaci peggio di altri esponenti politici e non è nemmeno giusto”.

Come dice il responsabile Enti locali della Lega Stefano Locatelli, vicepresidente dell’Anci, “già dalla campagna referendaria del 2022 avevamo registrato un’ampia condivisione da parte dei sindaci di tutti gli schieramenti. E’ una sensibilità che abbiamo manifestato più e più volte”. E proprio l’associazione guidata dal sindaco di Bari Antonio De Caro, esponente del Pd, è storicamente favorevole alla revisione del reato d’abuso d’ufficio. Su cui però Schlein si è detta contraria. Ebbene, anche su questo i sindaci dem sembrano più vicini alle sensibilità leghiste che a quelle della loro leader: “Sono 10 anni che chiediamo la revisione del reato di abuso d’ufficio. Nel 95% dei casi finisce in assoluzione o archiviazione e che un amministratore rischia di compiere esclusivamente votando o firmando un atto. Non funziona e rischia di intasare un sistema giudiziario già storicamente troppo lento”, dice ancora al Foglio Ricci.

Anche sull’abolizione del limite dei mandati s’è registrata un’assonanza tra gli amministratori dem e il Carroccio. Proprio Locatelli, sindaco del comune di Chiudano, nel bergamasco, tempo addietro spiegò a questo giornale come nei piccoli comuni fosse sempre più difficile coinvolgere personalità che si impegnassero in prima persona. Anche a causa degli stipendi troppo bassi. Il limite di mandati è da questo punto di vista un ulteriore disincentivo. “In Italia non esiste limite di mandato per il premier, per i ministri, per i parlamentari nazionali e europei, per i consiglieri regionali. Non si capisce la ratio di una norma che limita ai due mandati solo i sindaci”, spiega ancora il sindaco di Pesaro. “In Europa i sindaci non hanno limiti di mandato, tranne in Portogallo. È ora di adeguarci agli altri paesi europei e bisogna farlo presto perché il 9 giugno si voterà in 4.500 comuni italiani”. Nella base del partito, almeno a livello locale, sembrano essere tutti allineati. Tra questi, oltre a Decaro e Nardella, ci sarebbero il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, quello di Mantova Mattia Palazzi. E anche il presidente della Toscana Eugenio Giani, che al Foglio  s’era spinto a dire che “anche Schlein è d’accordo”. Salvo poi specificare di non aver “partecipato a specifiche riunioni della segreteria su questo tema”. Insomma quello rossoverde un vero asse non lo è. E del resto sarebbe difficile immaginare forme di collaborazione che coinvolgano più impegnativi concetti di “filosofia politica”. Fa specie però che per arrivare a certi risultati nel Pd debbano sperare che ce la faccia Salvini piuttosto che Schlein.

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