le comunicazioni in aula

Meloni attacca Draghi, poi frena. La manovra rovina il Natale ai deputati, scontro sul Superbonus

Simone Canettieri

La premier contro il suo predecessore: "Ricordo la foto del treno con Macron e Scholz: non si fa politica estera così". Poi da Palazzo Chigi provano a correggersi: ce l'aveva con il Pd. L'ultimo sì alla Finanziaria previsto il 29 dicembre 

“Già, non mi dire niente, guarda: lo abbiamo saputo ora”. Sprofondati sui divani e sulle poltrone del Transatlantico i deputati chiamano a casa. Stringono il telefono. Si sbottonano la camicia. E non si danno pace. I loro sguardi ricordano il crollo di una diga. Giorgia Meloni qui a Montecitorio ha appena terminato di  informare l’Aula sul prossimo Consiglio europeo: la trattativa per il Patto di stabilità, il sostegno all’Ucraina, l’impegno in medio oriente. Ma tutti parlano d’altro. La premier, alle 15, prima che iniziassero i lavori, ha visto i capigruppo di maggioranza per dare loro la ferale notizia: panettone e manovra per tutti, non si scappa. L’ultimo voto blindatissimo, come d’abitudine, è atteso – salvo sorprese – il 29 dicembre. 

Insomma: vanno a farsi benedire tutti i proclami delle settimane scorse. La pazza idea era quella di chiudere la manovra prima della festa patronale di Fratelli d’Italia, Atreju, che inizierà giovedì e finirà domenica. Ma quando mai. Il malloppo è fermo in Senato. E si balla a causa di un emendamento per prorogare il Superbonus di due mesi, su spinta di Forza Italia, rilanciato e poi rimangiato dagli azzurri dopo una discreta arrabbiatura di Meloni e del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “Niente proroga”, ribadisce il leghista a voce dopo aver stroncato questa opzione in mattinata con una stringata nota del Mef. “Noi continuiamo a insistere, ma moderatamente”, dice il capogruppo azzurro Paolo Barelli dopo aver capito che non c’è trippa per gatti. Forza Italia è agitata.

A Palazzo Madama la coppia ormai mitologica Damiani-Lotito sembra divertirsi da matti dalla commissione Bilancio che presidia  manu militari. Antonio Tajani è meno loquace del solito. Sta seduto in Aula al fianco di Meloni. I due si parlano poco. Matteo Salvini non c’è, è al ministero. Ha finalmente incassato, attraverso uno dei quattro emendamenti del governo che ormai è realtà, la conferma di finanziamenti per il Ponte sullo Stretto (stanziamento invariato: 11,6 miliardi al 2032). E comunque la manovra è in ritardo, ingolfata per via dell’approvazione del Decreto anticipi. E i relatori, si viene a sapere, dovrebbero presentare in commissione Bilancio sei pacchetti di emendamenti, per un totale di misure che potrebbe essere compreso tra le 30 e le 40. Situazione non facile, d’altronde le opposizioni non staranno a guardare. Ecco perché Meloni ha visto i capigruppo di maggioranza alla Camera per dire loro di portare pazienza (il testo arriverà sigillato e sotto fiducia) per fare il punto sul calendario e per serrare le fila. Due le ipotesi esaminate: una è quella di concludere i lavori prima di Natale, se il Senato darà l'ok entro il 19; l’altra quella di arrivare in commissione alla Camera prima del 25 e chiudere tra 27 e 30. Il secondo scenario è quello più probabile, ed ecco perché ci sono queste facce così mogie in giro, tra il Transatlantico e la galleria dei fumatori, dove si “masticano” sigarette, in silenzio, tra sguardi stravolti (“sembrano le stanze del buco”, scherza un deputato di Fratelli d’Italia con la vacanza appesa al calendario dell’Aula. E come lui tutti). Insomma, il tema del giorno è questo qui. Insieme alla notizia che Elon Musk, patron di X, sarà il grande ospite di Atreju, intervistato sabato da Nicola Porro. Intanto: ecco Meloni. Sta seduta dalle 16 – con breve pausa per andare a depositare il discorso in Senato dove questa mattina si presenterà per il dibattito – il primo intervento è scivolato via liscio. La replica, come d’abitudine, ha riservato l’altra versione di Giorgia: su con i decibel e attacchi per tutti. Compreso il suo predecessore Mario Draghi. Altro che accordo per mandarlo a presiedere la Commissione, Meloni in versione presidente di Fratelli d’Italia ha messo giù una rasoiata abbastanza micidiale nei confronti dell’ex banchiere. Queste le sue parole (che nascondono altro, si potrebbe pensare): “Ricordo la foto di Draghi sul treno con Macron e Scholz. Per alcuni la politica estera è farsi fare qualche fotografia, anche quando a casa non si portava niente. Io penso che l’Europa sia a 27 Paesi e bisogna parlare con tutti. Io riesco a parlare con la Germania, la Francia e anche con l’Ungheria, perché penso che questo sia fare il proprio mestiere...”. Seguirà la frenata di Palazzo Chigi: non è un attacco a Draghi, ma al Pd. Teoria bizzarra da sostenere.

La seconda botta è per Giuseppe Conte a proposito del Mes. La premier urla, l’Aula si infiamma: “Quando il governo guidato da Conte si era già dimesso da un giorno, ovvero quando era in carica solo per gli affari correnti, aveva dato l’assenso all’impegno italiano alla ratifica del Mes”. L’avvocato del popolo lo ha fatto, dice Meloni con una certa enfasi, “senza un mandato parlamentare, senza che ne avesse il potere, e con il favore delle tenebre”. La linea sul Meccanismo salva stati non cambia: chi ne propone la ratifica o l’utilizzo non fa un favore all’Italia. Bisogna zoomare sullo sguardo cinereo di Tajani, Giorgetti sembra divertirsi. Salvini dal ministero annuncia l’ennesima precettazione. I parlamentari, costretti a Montecitorio a pigiare i bottoni, sono sconsolati e rassegnati. Cercavano protagonismo, hanno trovato la tombolata della manovra.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.