Meloni in visita alla sede della Regione Veneto per la firma del patto economico da 600 milioni di euro (foto Ansa)

l'intervista

“FdI viri a destra in Europa e si prenda il Veneto”. Parla Donazzan, meloniana d'antan

Francesco Gottardi

Incoronata dai congressi, l’assessore all’Istruzione chiede “maggior peso per gli amministratori locali: Giorgia è brava, ma da sola non ce la fa”. E sulle europee: “Basta Ue dei tecnocrati, recuperiamo le nostre radici giudaico-cristiane”

Sarà la sbornia dei numeri. “Oltre le aspettative”. La fame di elezioni. “Fondamentali, per l’Ue e per il Veneto”. Eppure Elena Donazzan sente che il momento è propizio. “Brava Giorgia, ma c’è una base sotto di lei pronta ad assumersi certe responsabilità”. Un passo alla volta. “Basta subire decisioni dall’alto: e con dall’alto intendo Bruxelles, mica Roma”. Di slancio. “Fratelli d’Italia deve compattare le destre europee attorno al Ppe. E poi rivendicare il governo della nostra regione”. Parola dell’assessore alle stesse deleghe – Istruzione, formazione, lavoro, pari opportunità – più longevo del paese. “È solo il consiglio della mia esperienza amministrativa: che sia a Venezia o in Europa, io rimango a disposizione del mio partito e della mia terra”.

 

Lo ripete da mesi. Solo che intanto la situazione è cambiata. “A sorprendermi non è stato il voto di reazione che ci ha portato in cima l’anno scorso”, spiega Donazzan al Foglio. “Ma che da quel voto sia scattato un processo di fidelizzazione vero: oggi mi guardo attorno e vedo una militanza radicata. Con tutte le intenzioni di costruire una proposta di destra su territori tradizionalmente leghisti”. La stagione congressuale si è appena conclusa. “Per gli altri partiti è il vaso di Pandora. Per noi, invece…”. Libro Cuore? “Diciamo che dinamiche laceranti non ce ne sono state. Ha prevalso il confronto sullo scontro, senza ingerenze”. E soprattutto ha prevalso lei, con i suoi fedelissimi eletti segretari nelle province di Treviso, Padova, Vicenza e Rovigo. Tutte le altre erano candidature unitarie. Tutti gli altri – a partire dal coordinatore regionale De Carlo – hanno raccolto briciole. “Emerge un messaggio chiaro: ascoltateci”, continua l’assessore. “Non si tratta di contenuti: l’unica corrente interna è quella della nostra leader. Ma di diverse sfumature organizzative. La classe dirigente locale è quanto di meno controllabile, rispetto a chi viene nominato dai vertici, perché rappresenta l’area della prossimità. E i veneti hanno scelto che tipo di FdI vorrebbero”.

 

Sembrano tecnicismi, ma la questione è sostanziale. Dopo l’èra Zaia – “perfetto interprete del ruolo: finisce solo perché c’è un limite dei mandati”, prende atto Donazzan – salvo ribaltoni intra destra toccherà ai meloniani. E però, quelli che piacciono in Veneto poco collimano con l’immagine della premier responsabile e attenta, finanche colomba sulle alleanze europee. “Giorgia si sta impegnando in questa battaglia con forza”, riconosce Donazzan. “Ma l’Ue è logorata da anni di governi super tecnici, guidati da maggioranze contradditorie e non identitarie per cultura politica”. Tradotto. “Il Ppe farebbe bene a evitare improbabili accordi con Pse e Verdi”. Ritradotto. “Forse ci sono cose che ci tengono più insieme ai sovranisti: non mi piacciono le esclusioni a priori”. È quello che sostiene Salvini. “La cesura delle nostre radici giudaico-cristiane ha ridotto l’Europa al ruolo di matrigna invadente”. È quello che ha detto Geert Wilders, vincendo le elezioni in Olanda. “Credo nella legittimazione popolare: ricordiamoci che vengo dalla destra storica, io”, e quasi ci ringrazia per non aver estratto la parola con la F nel corso dell’intervista – superfluo, a questo punto. Ecco dove arriverebbe il laissez-faire, se Meloni lasciasse fare ai suoi. “È capace, instancabile, ma da sola non può bastare”, le offre il braccio l’assessore. “Noi qui vogliamo contare per diventare la cinghia di trasmissione tra centro e periferia. Tra Veneto, Italia e Europa: sono poche le regioni a vocazioni economiche internazionali, proiettate oltre i confini come la nostra”. E dunque dove si vedrebbe meglio Donazzan? “A Palazzo Balbi ho maturato competenze di derivazione comunitaria”. Una sola risposta. “Allora sogno da sempre il mio Veneto. Ma se vogliono che porti a Bruxelles le istanze degli elettori, sono pronta”. Gli altri, chissà.