Il caso

Meloni blinda Delmastro. E Urso sfida i pm: "Dureremo: il popolo è con noi"

Simone Canettieri

Il sottosegretario rinviato a giudizio viene difeso dalla premier: "Non ti devi dimettere". Fazzolari attacca i giudici e riparte la solita giostra tra mezze verità e paranoie

Ore 14,23, piazzale Clodio: le agenzie di stampa battono la notizia  che Andrea Delmastro, sottosegretario della Giustizia, è stato rinviato a giudizio dal gup del tribunale di Roma per rivelazione del segreto d’ufficio in relazione alla vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito. L’esponente di FdI avrebbe spifferato al collega (e coinquilino)  Giovanni Donzelli informazioni riservate, usate poi da quest’ultimo in Aula contro il Pd, visto che una delegazione andò a trovare Cospito in carcere. Caso dello scorso febbraio. Giuseppe Valentino, difensore di Delmastro, dice: “Confidavamo in una decisione diversa”. La procura prima che si esprimesse il gup aveva ribadito la richiesta di non luogo a procedere. Ore 15 e rotte: l’opposizione (eccetto Iv e Azione) chiede le dimissioni del sottosegretario. Si cercano spazi nell’agenda del Parlamento per calendarizzare la mozione di sfiducia (destinata a fare la fine di un gatto in tangenziale). Intanto, a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni ha preso in mano il cellulare.  
Il contatto fra la premier e il suo sottosegretario si può racchiudere con una copertura totale di Meloni: vai avanti, aspettiamo la sentenza, non ti muovere. Piccolo retroscena. Quando scoppiò il caso Delmastro-Donzelli la presidente del Consiglio andò su tutte le furie. Ma di solito fa sempre così: quando i colonnelli di FdI la fanno grossa, ed è capitato, Meloni in pubblico li difende, poi in privato non vorremmo essere nei loro panni. Sicché intorno alle 16 inizia la batteria – cioè un gran numeri di dichiarazioni – di Fratelli d’Italia. La via maestra la indica il capogruppo alla Camera Tommaso Foti: “Pronti a discutere la mozione di sfiducia dei barbari del Pd: sarà un nulla di fatto”. Seguiranno decine di dichiarazioni, sempre su questo spartito: i processi si fanno in Aula, noi siamo garantisti, giù le mani da “Delma”. Anche Forza Italia, con Antonio Tajani in primis, si accoda. Dettaglio: sono molto più tiepidi invece dalle parti di Matteo Salvini. Il leader della Lega tace – così come sulla storia del treno fatto fermare da Francesco Lollobrigida – e per il Carroccio l’unico a esporsi è Andrea Ostellari, altro sottosegretario della Giustizia, e quindi collega dell’uomo del giorno. Tutti aspettano che Giorgia Meloni batta un colpo. L’occasione ci sarebbe anche: è ospite dello speciale “Porta a Porta” di Bruno Vespa sulla mafia, in staffetta con Elly Schlein. Tuttavia la premier non esce dal recinto dell’argomento: Cosa nostra. Ad accendere la giornata ci aveva pensato il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari: “E’ inconsueto un rinvio a giudizio quando il pubblico ministero chiede il non luogo a procedere. Sono certo che Delmastro riuscirà a dimostrare l'infondatezza dell'accusa che gli viene mossa: con un rinvio a giudizio così inconsueto non ci sono le condizioni per un passo indietro”. D’altronde quando il gip decise l’imputazione coatta del sottosegretario, nonostante la richiesta di archiviazione della procura, Palazzo Chigi fece uscire una velina (tecnicamente si chiamano fonti) attribuita (e mai smentita) a Fazzolari nella quale ci si chiedeva molto retoricamente se “una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione e di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee”. Era il 6 luglio. A tenere banco c’erano anche i guai giudiziari della ministra Daniela Santanchè e del figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa. Come nel “Giorno della marmotta” ci risiamo. Anche perché c’è sempre la cornice delle parole pronunciate da Guido Crosetto, altro esponente di Fratelli, che in un’intervista al Corriere ha rivelato di intenzioni simil golpiste di una parte della magistratura per dare una spallata al governo. Il ministro della Difesa, dopo aver bussato ai “confessionali” dove tutto è segreto della commissione Antimafia e del Copasir domani andrà in Aula per via dell’interpellanza di Benedetto Della Vedova. “Nessuna paura, risponderò su tutto”, fa sapere il cofondatore di Fdi. Ma insomma si ricomincia da capo in questo eterno balletto di parole, tra mezze verità, illazioni e paranoie. Nel frattempo c’è anche Adolfo Urso. Allora, ministro del Made in Italy, temete l’assalto made in toghe come dice Crosetto? “Il governo durerà perché conta il voto popolare”. Ma c’è il rischio di un’opposizione giudiziaria? “E’ la scoperta dell’acqua calda: nel ‘94 il primo governo di centrodestra fu deciso da un avviso di garanzia”. In questa scena manca Donzelli. Il coordinatore di FdI  si limita a sottolineare, con gli amici, che durante l’udienza è sceso anche il procuratore aggiunto Paolo Ielo per dare forza alla richiesta di non luogo a procedere. Ieri sera Donzelli è tornato a casa e ha trovato in cucina Delmastro (“non mi aspettavo, questa decisione: ma sono sereno”) che alla fine non ha più cambiato tetto. Cosa si saranno detti?
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.