Incontro al vertice

"Elly, vai ad Atreju". Parla l'ex ministro pd Paola De Micheli

Marianna Rizzini

L'ex ministro offre tre motivi a Schlein per andare alla festa di FdI: "Per l’impatto mediatico che l’incontro genererebbe, per rinforzare l’immagine di un partito realmente alternativo e per una sorta di investitura nel ruolo di capo dell’opposizione"

Ha opposto il gran rifiuto, la segretaria pd Elly Schlein, all’invito della premier Giorgia Meloni per “Atreju”, festa di Fratelli d’Italia, a metà dicembre. “Il confronto si fa in Parlamento, vi aspettiamo sul salario minimo”, dice Schlein, mentre Meloni lancia il paragone con il passato sul nome di Fausto Bertinotti (lui sì che andava alle feste politiche degli avversari, e “non temeva il dialogo”). E anche se Bertinotti glissa (“capisco l’intento di Meloni e non aderisco, allora la politica era più forte, eravamo in un altro ciclo”), la questione dell’incontro-scontro tra le due leader resta più che mai sul tavolo nei giorni in cui la scena dell’opposizione è occupata dal segretario Cgil Maurizio Landini, con lo sciopero anti-manovra, e quella della maggioranza dal vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini, sullo stesso tema.

 

L’interazione tra Meloni e Schlein, però, e i modi e i tempi della stessa, non sono ininfluenti sugli equilibri dei rispettivi schieramenti e sull’esito delle future elezioni europee. L’ex ministro dem Paola De Micheli, già candidata alla segreteria pd per il congresso poi vinto da Schlein, osserva la scena dal punto di vista di “una persona che ragiona sul ruolo di due donne che in questo momento ricoprono cariche che conferiscono loro uno straordinario potere, il potere di cambiare le cose”. Meloni lo esercita, e a De Micheli piacerebbe “che anche Elly Schlein lo esercitasse, per il bene del paese”. In questo quadro De Micheli si sente di esprimere un consiglio: “Elly, incontra Meloni il prima possibile, e se il luogo è Atreju non ha importanza. Per tre motivi: per l’impatto mediatico che l’incontro stesso genererebbe, per rinforzare l’immagine di un partito realmente alternativo a quello della presidente del Consiglio e alla sua maggioranza, e per una sorta di investitura nel ruolo di capo dell’opposizione. E anche se è vero che l’investitura che arriva dall’avversario può essere un’arma a doppio taglio, quando manca è peggio”.

 

De Micheli ricorda le elezioni politiche del 2008, anno in cui segretario del Pd era Walter Veltroni, ma “nei comizi e nei discorsi di Silvio Berlusconi il più citato era Massimo D’Alema, allora ministro degli Esteri uscente. Insomma, chiaramente Berlusconi si era scelto l’avversario”. Incontrando Meloni sul suo terreno, anche quello della festa di partito, dice De Micheli, “dove certo, essendo in campo avverso, potrebbero arrivare anche fischi, Schlein avrebbe l’occasione di mostrarsi forte, consapevole, sfidante, molto più che a distanza. La politica è anche fatta di questi momenti, di risposte colpo su colpo. E in questo modo la segretaria pd potrebbe più facilmente intercettare un elettorato demotivato, e fare leva dialetticamente sulle promesse disattese da Meloni e sulle idee che Meloni non ha espresso, proprio davanti a lei”.

 

De Micheli una volta c’è andata, ad Atreju. “Ricoprivo un altro ruolo, ovvio, ma ricordo di esserci volata in un secondo. Anche per questo mi sento di consigliare un ripensamento. Schlein potrebbe dire qualcosa come: per il bene del paese penso sia utile vederci, in qualsiasi forma e location”. Tra l’altro, dice De Micheli, “accettare l’invito, anche se nella cornice di Atreju, potrebbe avere un effetto positivo sulle dinamiche interne al Pd, per Schlein, tanto più che Meloni è al governo. E, sempre per il bene del paese, se grazie a quell’incontro Meloni si convincesse anche soltanto di qualcosa – sulla non opportunità di arrestare le donne incinte, su alcune questioni che riguardano il lavoro – beh, guadagnerebbe la fiducia anche di chi è più critico nei suoi confronti all’interno del partito. E farebbe bene alle donne, vedere che due donne al potere se la sbrigano da sole. E quindi dico: Elly, non aver paura di apparire cedevole”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.