il caso

Bertinotti: "Capisco Schlein che non va ad Atreju, io dissi di sì a Meloni per motivi istituzionali"

Giulia Casula

L'ex leader di Rifondazione comunista partecipò alla kermesse della destra nel 2006. Per la premier "non aveva timore a dialogare". Lui al Foglio spiega: "Ero presidente della Camera". E sul rifiuto della segretaria Pd: "È una scelta personale"

“Andare ad Atreju è una scelta personale che non si può interrare sul terreno politico. Io ci sono andato per motivi istituzionali”. Fausto Bertinotti commenta con il Foglio la scelta di Elly Schlein, che ha deciso di non andare alla storica kermesse della destra italiana dopo l'invito di Giorgia Meloni. 

Proprio per commentare la scelta della segretaria dem, oggi la premier da Zagabria ha ricordato la visita nel 2006 dell'allora leader di Rifondazione comunista: "È una delle primissime volte in cui qualcuno dice di no. C'era un tempo molto lontano da oggi, in un altro clima, in cui Fausto Bertinotti non aveva timore a presentarsi e a dialogare, pur dall'orgoglio dalla diversità delle posizioni. Prendo atto che le cose sono cambiate". 

Per Bertinotti la sua presenza ad Atreju e quella di Schlein non sono due fatti paragonabili. "Sì, io ci sono andato ma non perché pensavo che fosse una chance politica, quanto per ragioni istituzionali. Facevo il presidente della Camera e ritenevo giusto confrontarmi con un mondo così lontano. Capisco anche chi non abbia interesse a farlo". Il tema, secondo l'ex leader di Rifondazione non è politico e Schlein non ha sbagliato. “Francamente non mi sentirei di attribuirgli una rilevanza politica, mi sembra davvero un episodio del tutto irrilevante. È una questione di sensibilità, c'è chi è più propenso al dialogo con chi è più lontano e chi meno".

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