contesa demagogica

Lo sciopero non è un comizio

Giuliano Ferrara

Le regole da rispettare e la politicizzazione estrema della piattaforma spinta dalla Cgil. Landini vuole rubare il mestiere ai parlamentari del Pd? Il sindacato non è l’opposizione politica, non può funzionare così

Di tutto c’è bisogno tranne che di una contesa demagogica sul diritto di sciopero. Il sindacato Cgil-Uil, ma non la Cisl che anzi è apertamente critica, forza l’interpretazione della legge sui servizi pubblici essenziali rivendicando il carattere generale di uno sciopero che la Commissione di garanzia giudica intersettoriale: sono cavilli che contano, perché in materia di diritti dei lavoratori e degli utenti dei servizi di formalismo o rispetto delle forme legali non ce n’è mai abbastanza. Il ministro Salvini usa toni nel fondo antisindacali e si erge a protettore nazionale degli utenti afflitti dal disservizio pubblico con argomenti facili che parte della maggioranza mostra di condividere nonostante la loro pericolosità. Non sfugge a nessuno che alla fine i lavoratori sono utenti e gli utenti lavoratori, e tutti, compresa la grande massa dei pensionati, i risparmiatori, gli investitori, le imprese, sono interessati alla manovra di bilancio, ai suoi pregi e ai suoi difetti.

 

Il punto è che lo sciopero è un diritto inattaccabile, deve seguire certe regole che governo e agenzie terze hanno l’obbligo di far rispettare senza crociate ideologiche, perché sono regole appunto e non Diktat contro i sindacati, ma la politicizzazione estrema della piattaforma spinta dalla Cgil di Maurizio Landini e l’uso pregiudiziale e non contrattuale o normalmente conflittuale dello sciopero mostrano la debolezza istituzionale dei sindacati. In una intervista Landini esorta il governo a seguire l’esempio di Biden che ha tenuto un comizio per l’aumento salariale ai lavoratori dell’auto in sciopero.

 

Trascura il fatto che Biden ha appoggiato un movimento non direttamente politicizzato, uno sciopero per la redistribuzione del profitto e degli aumenti di produttività a vantaggio dei salari che non aveva niente a che vedere con il bilancio federale, con le scelte del potere legislativo sull’allocazione delle risorse, con gli orientamenti generali dell’amministrazione scelta dagli elettori, mentre qui un giorno il sindacato Cgil si mobilita per la pace e la resa dell’Ucraina, l’altro contro la politica estera e di difesa che fornisce armi alla resistenza, poi, nella stessa intervista del suo capo, passa alla contestazione del disegno di legge di riforma costituzionale sull’elezione diretta del presidente del Consiglio e a una critica pregiudiziale, a tutto campo, priva di distinzioni e specificità sindacali, dell’orientamento economico del governo in sede di bilancio pubblico.

 

Sarà banale e ingeneroso dire con semplicismo che Landini vuole rubare il mestiere a deputati e senatori del Pd, che ha in testa il movimentismo politico, che occhieggia a Conte e teme il successo molto eventuale di Schlein, preparandosi in proprio e trascurando battaglie importanti per blandire la stampa e i suoi proprietari (Calenda su Stellantis), ma è vero che il sindacato non è l’opposizione politica, non può e non deve funzionare così. Il sindacato deve prima di tutto avere come controparte le imprese, deve battersi per salari e stipendi decenti, per le condizioni di lavoro in fabbriche e uffici, per gli orari, deve patrocinare alcune funzioni di assistenza e solidarietà alla base della piramide sociale, sopra tutto deve chiudere bene i contratti collettivi, e in base a questa funzione rappresentativa può essere l’interlocutore delle concertazioni tra governo Confindustria e gli stessi sindacati, può avere un diritto di tribuna su tutto, dai regolamenti europei agli atti amministrativi di rilevanza sociale.

 

Di questo ha bisogno il sistema economico, è nell’interesse degli stessi lavoratori, di qui parte il discorso sulla produttività, sui consumi, sul miglioramento del mercato del lavoro, il sindacato nasce e cresce e si afferma come elemento di spinta riformatore del sistema capitalistico, non come un altro partito politico irresponsabile alle elezioni. In epoca “neoliberista”, con il socialista Craxi e con Del Turco, e fa ridere usare questo termine per un’epoca di uscita felice dall’anarcosindacalismo redivivo negli anni Settanta, un referendum vinto contro il patto scellerato Lama-Agnelli sulla scala mobile sembrava aver chiuso una fase delirante di sostituzione dei poteri e di equivoco. C’è chi ancora non lo ha capito e indice scioperi come fossero comizi. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.