Da sole ai comandi?

"Elly, più coraggio contro Meloni". Parla Marco Agnoletti, già spin doctor di Bonaccini

Marianna Rizzini

"Ora Schlein può permettersi di essere martellante contro il governo. Anzi: deve farlo se vuole in prospettiva vincere. Questo è il momento", dice l'ex consulente per la comunicazione di Bonaccini

Elly Schlein e Giorgia Meloni si guardano dagli opposti schieramenti, ma finora la dialettica tra le due è stata asincrona, e sbilanciata dal lato Meloni: la premier attaccava, la segretaria del Pd raccoglieva senza rilanciare, con conseguente risuonare dell’altra voce dell’opposizione, quella populista di Giuseppe Conte. Oppure: Schlein contestava frasi o provvedimenti di Giorgia Meloni, ma senza grancassa, mentre le fanfare internettiane del M5s suonavano tra tv, cellulari e schermi dei computer.

 

Sabato scorso, Schlein ha riempito Piazza del Popolo, riservando però alla premier soltanto una frase di attacco frontale, a proposito della riforma costituzionale: “Meloni vuole comandare, non governare”. Risposta della premier: “No, voglio dare potere agli italiani”. Schlein non ha rilanciato sul tema come avrebbe potuto, pur avendo attorno un mondo di sinistra-sinistra già pronto a scattare contro la riforma. Eppure l’impressione è che la premier a lei e soprattutto a lei si rivolga, come a voler dare alla segretaria Pd l’investitura di capo dell’opposizione.

 

Non a caso, ieri, sulla Stampa, il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani diceva: “Meloni e Schlein cambino l’Italia insieme. Da una parte c’è una donna coraggiosa e determinata, spero che Schlein non scappi dal confronto”. E non a caso Schlein, pur come si diceva (per ora) senza grancassa, ha attaccato dalla piazza sul premierato, come a voler intanto blindare la propria voce come voce principale sul campo in cui Giuseppe Conte insegue da vicino.

 

Osservando Meloni e Schlein, Marco Agnoletti, fondatore della società di relazione con i media Jump, già braccio destro per la comunicazione dell’ex premier Matteo Renzi (fino al 2018) e già spin di Stefano Bonaccini nella corsa alla segreteria pd, nota che “per ora è stata più la premier Giorgia Meloni a chiamare Schlein alla dialettica capo del governo-capo dell’opposizione, forse perché uno dei tabù strutturali della sinistra italiana riguarda proprio il riconoscimento reciproco nei riguardi dell’avversario politico. E quando si prova a sfidare questo tabù, piovono le critiche: è capitato a Stefano Bonaccini, per aver detto che Meloni è ‘sicuramente capace’, espressione che, estrapolata dal contesto, è stata letta come lode alla premier e non come presa d’atto del fatto che l’avversario politico avesse vinto le elezioni”.

 

Detto questo, dice Agnoletti, e “nell’ottica di una dialettica Schlein-Meloni, se dovessi dare un consiglio a Elly, che pure non ne ha bisogno, le direi di avere più coraggio nell’incalzare la premier”. Su quali temi? “I temi li dovrà e saprà scegliere lei, il punto è il tono: più in questa fase Schlein lo alza, anche dicendo magari cose che ai riformisti dem non piacciono – e lo dico avendo perso il congresso – più si rafforza nel ruolo di capo dell’opposizione. Nei mesi scorsi a volte Schlein è apparsa preoccupata di farsi troppo aggressiva, ma ora può in qualche modo permettersi di essere martellante contro il governo. Anzi: deve farlo se vuole in prospettiva vincere. Questo è il momento”.

 

Anche perché non è sola, all’opposizione, Schlein, vicina com’è nei numeri al M5s. “Nell’ottica di arginare Conte, un maggiore interventismo di Schlein, anche in modalità che magari qualche volta possa scontentare  la minoranza pd, sarebbe utile. Gioverebbe alla segretaria e al partito, in questa fase. Certo, mi rendo conto che è un lavoro faticoso, specie verso il Pd. Governarlo non è semplice, e può essere naturale per un segretario voler adottare almeno inizialmente un atteggiamento più moderato per evitare spaccature. Ma, e lo dico appunto da persona più vicino all’ala riformista, Schlein ora può osare di più: dal Pd non c’è stata diaspora di dirigenti, tranne qualche eccezione, e il popolo pd è sceso compatto in piazza con lei. Ultima considerazione da fare: oggi le categorie di massimalismo e riformismo non sono più sufficienti a contenere la complessità del reale politico, e a volte un piglio deciso può far arrivare dove non ci si immaginava di poter giungere, senza dover passare per fratture interne. Quindi a Elly Schlein dico: non temere di avere coraggio”.
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.