Intelligenza artificiale

Civiltà di Meloni. L'officina artificiale della premier e il meccanico Violante

Carmelo Caruso

Scienziati, algoretica e politica. A Palazzo Grazioli, dove una volta c'era la residenza di Berlusconi, c'è il vero pensatoio della "destra in Tesla". E'  la sede della rivista Civiltà delle macchine. Ecco lo scaffale di Meloni sull'intelligenza artificiale

Musk ha stracciato D’Annunzio. La civiltà di Meloni è oggi la Civiltà delle macchine. La partecipazione della premier all’AI Safety summit di Londra racconta l’ultimo spericolato amore della destra. Sta emergendo una “destra in Tesla” che parla d’intelligenza artificiale, algoretica, metaverso e che la sera sul comodino sfoglia una rivista e un libro. La rivista è  Civiltà della Macchine, e la edita la Fondazione Leonardo, presieduta da Luciano Violante, mentre il libro è Il mondo in sintesi di Cosimo Accoto. Esiste un lab, direbbe Meloni, una fondazione che si candida a diventare quello che il Mulino, a Bologna,  è stato per Prodi. La sede è a Via del Plebiscito 6, Palazzo Grazioli. Era la casa di Berlusconi. Qui, la sera, si sfasciavano i governi.

C’è dunque un palazzone, nel centro di Roma, a pochi passi da piazza Venezia dove Meloni trova conforto intellettuale e letture algoretiche. E’ lo studiolo di Violante, il cosacco per Meloni, il sinistro-destro, che ora si occupa di spazio insieme a Pietrangelo Buttafuoco, designato alla guida della Biennale di Venezia. La rivista è diretta da Marco Ferrante, e a dirla tutta è sempre stata ritenuta la casina di campagna della sinistra colta. Hanno lavorato qui Antonio Funiciello, la nipote di Giorgio Napolitano. Oggi collaborano Stefano Bartezzaghi, Marco Belpoliti di Repubblica e Nadia Terranova della Stampa. La sera, a chiusura di giornata, c’è chi vede entrare anche Roberto Cingolani, “quella gran testa di Cingolani”, diceva Mario Draghi, che lo volle ministro della transizione energetica, adesso ad di Leonardo. La rivista è trimestrale e basta scorrere l’indice per trovare gli ultimi argomenti della premier, vale a dire le possibili discriminazioni dell’intelligenza artificiale, la banda larga nello spazio, la space economy. A sentire Giordano Bruno Guerri, storico, il maestro della bella biografia (Malaparte, Bottai) non si può parlare di “scappatella” ideologica. Meloni si occupa di IA “perchè gli uomini intelligenti si interessano di tecnologia a differenza degli ottusi che la scansano. L’IA sarà la grande questione del nostro tempo, più dei conflitti bellici”. Era il 21 settembre, tre giorni dopo lo scherzo dei ciarlatani russi, quando Meloni, all’Onu, parla degli “enormi rischi”, di un progresso che rischia di sostituire le capacità umane. Per la prima volta introduce nel suo discorso di governo “l’algoretica”. Sarebbe l’etica applicata agli algoritmi. Ci sono echi di Pasolini, Pound, intuizioni di Violante e poi ci sono gli articoli di un manipolo di scienziati che Violante-Ferrante-Buttafuoco hanno scoperto prima dell’esplosione dell’IA come tema. L’illustre sarebbe Massimiliano Nicolini, l’italiano che ha libero accesso ai laboratori di Musk, un pioniere del metaverso. Un altro è il neuroscienziato Salvatore Aglioti, professore e già direttore del dipartimento di Psicologia de La Sapienza. Il più famoso è senza dubbio Luciano Floridi, professore ordinario di filosofia ed etica dell’informazione. C’è insomma di tutto: l’umanesimo, i byte, i libri di Asimov, l’IA che, ha spiegato Meloni, a Londra, “può generare meccanismi decisionali opachi, intrusioni nella nostra vita privata", fino ad arrivare “ad atti criminali”. Dice ancora Guerri che ciò a cui fa riferimento Meloni è molto semplice, “io stesso me ne sto occupando e ne ho scritto,  nel mio ultimo libro, Storia del mondo.L’IA ha un lato benigno e uno maligno. Non è impensabile immaginare un giorno a dei soldati invincibili senza coscienza, addestrati con l’IA”. La sinistra in questo dibattito risulta assente, la destra, compreso Salvini, fa invece a gara per conversare con Musk, il nuovo Leonardo per alcuni, un bulletto, un nuovo oligarca secondo l’Ft. Si è fatto ricevere da Meloni, ma Meloni ha incontrato a Chigi, era il 5 settembre, anche Reid Hoffman, il fondatore di Linkedin, sempre per discutere di IA. L’Italia ci organizzerà perfino un G7, in Puglia, a Borgo Egnazia. Al governo, la competenza, per quanto riguarda l’IA, è del ministro Urso che però è troppo preso dai carrelli tricolori (litiga con Butti, il sottosegretario che vorrebbe più spazio). A Palazzo Grazioli, Violante, li rimpiazza entrambi. Poche settimane fa ha organizzato un incontro con Leon Panetta, ex direttore della Cia, intervistato da Monica Maggioni perché, come sempre accade, i pensatoi sono in realtà autostrade. Dove portano non si sa, ma valgono il pedaggio. Collabora con Civiltà delle Macchine anche la giornalista Rai, Barbara Carfagna, la prima a scommettere sull’intelligenza artificiale tanto da farne trasmissioni, così come collabora Roberto Battiston, ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana. In mezzo ci sta sempre Violante che quando ha bisogno di fare le cose in grande, eventi, chiama Alessandro Giuli, presidente del Maxxi. Questa estate, al Meeting di Rimini, Violante si è messo a parlare pure di web 3.0. Nel comitato scientifico della Fondazione Leonardo siede Alberto Castelvecchi, che si è inventato la casa editrice Castelvecchi, esperto di difesa. Dato che Violante è vitruviano basta che allunghi le braccia e arriva anche ad Anna Finocchiaro e all’associazione Italia decide, l’associazione promossa, tra gli altri, dall’impareggiabile Giuliano Amato che qualche titolo per presiedere la Commissione Algoritmi ce l’ha, anche solo per incrocio. Insomma, il meccanico è Violante, Buttafuoco e Giuli sono i gommisti. La destra in Tesla.

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio