(foto Ansa)

riserve della repubblica

Sobri e silenziosi. I senatori a vita sulla riforma costituzionale dicono “no comment”

Luca Roberto

Da Mario Monti che preferisce "non dare una risposta d'istinto", agli altri che si sottraggono, anche per ragioni di opportunità, dal commentare il progetto del governo che vuole renderli gli "ultimi mohicani"

Guardi, è un argomento così importante che non sono in grado di darle una risposta d’istinto. Ho bisogno di parlare con il massimo discernimento. Se mi viene l’ispirazione, magari la richiamo”. Spoiler: Mario Monti non ci richiamerà. Un po’ se l’aspettava, forse, la nostra telefonata: volevamo sapere dal professore cosa ne pensasse di questa riforma costituzionale proposta dalla destra nel vertice di maggioranza di lunedì e pronta ad approdare venerdì in Consiglio dei ministri. Punta sull’elezione diretta del presidente del Consiglio. Soprattutto, si fonda su due architravi: da una parte rendere impossibile il ricorso ai governi tecnici, offrendo alternative politiche interne alla maggioranza che ha vinto le elezioni e limiti ai cosiddetti ribaltoni. Dall’altra, elimina la nomina dei senatori a vita, a eccezione degli ex presidenti della Repubblica. Insomma, una specie di norma ad personam contro i Monti a venire per scongiurare le ipotesi di governi del presidente?

 

Il silenzio composto dell’ex premier bocconiano, però, almeno un po’ è rappresentativo di ciò che si riesce a cavare dalla generalità di senatori a vita, che in totale in questo momento sono cinque. Li abbiamo cercati, abbiamo provato a capire cosa pensino di questo tentativo di renderli gli ultimi mohicani a ricoprire quest’incarico nella storia repubblicana. Eppure per i corridoi di Palazzo Madama è difficile incontrarli e quindi intercettarli. Eccetto la senatrice Elena Cattaneo, farmacologa e biologa di fama mondiale, che ha un tasso di partecipazione alle votazioni in Aula che sfiora il 40 per cento, da queste parti si vedono di rado. Chiaramente è un affacciarsi saltuario che non stona con una carica che per lo più è onorifica, a dispetto di tutti gli strali rivolti, per esempio, da Matteo Salvini. Che ne chiede la cancellazione da anni.

La senatrice Liliana Segre ci fa sapere che, come possiamo immaginare, preferisce non commentare alcun tipo di riforma. Per avere l’opinione del fisico Carlo Rubbia, presente in Aula in un paio di occasioni, dobbiamo rivolgerci direttamente a una referente del Cern di Ginevra:  la nostra mail andrà persa nel mucchio, magari libera tra i neutrini. Abbiamo cercato anche l’archistar Renzo Piano, prima facendo squillare a vuoto il telefono della sua segreteria al Senato. Poi scrivendo alla sua assistente e ricevendo questo messaggio: “Sono spiacente ma l’architetto Piano è in viaggio e non ha modo di commentare la notizia”.

Dall’entourage della senatrice Cattaneo confermano quanto ogni valutazione a ogni modo suoni prematura: “Ce lo stanno chiedendo in tanti. Ma si tratta di un percorso molto lungo, che prevede le due letture, il referendum. Avremo il tempo per esprimerci a riguardo”, dicono. Eppure, ci chiediamo, l’opinione prevalente tra queste riserve della Repubblica è unanime? Anche per ragioni di opportunità, per adesso, preferiscono scansare la questione. Chiamarlo imbarazzo è troppo: quello dei senatori a vita per il destino della figura che ricoprono potrebbe essere semplicemente un miscuglio di disinteresse e sobrietà. Chissà se – e come – si esprimeranno in Aula.

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