Il caso Sgarbi e l'eterno carnevale del ministero della Cultura 

Simone Canettieri

Il sottosegretario alla Cultura è indagato per evasione fiscale e al ministero c'è chi vorrebbe toglierselo di mezzo

Il caso Sgarbi è serio, ma non grave. Forse. Al momento si sanno quattro cose: il pirotecnico sottosegretario alla Cultura non intende dimettersi nemmeno con le cannonate. Giorgia Meloni potrebbe però ritirargli le deleghe perché “ha deciso di approfondire” e nelle prossime 48 ore “sentita la maggioranza” (cioè se stessa) interverrà. Ancora: il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano vorrebbe toglierselo di mezzo. Sicuro. E infine, quarta cosa, più di sistema e di insieme: il ministero della Cultura è una santabarbara, ma anche un eterno carnevale. Ci sono sottosegretari accusati (da un pezzo di centrodestra) di gestire i fondi del cinema con molta discrezionalità (Lucia Borgonzoni) e altri che da nominati pare che continuassero a fare gli agenti degli uomini dello spettacolo (Gianmarco Mazzi con Massimo Giletti) e un ministro noto per non fare un passo indietro, ma sempre tre davanti ai riflettori.

A tenere banco è la faccenda di Vittorio Sgarbi, tirata fuori dal Fatto con la conferma della Procura: il sottosegretario è indagato per aver evaso 700 mila euro al fisco. La fidanzata di Sgarbi, Sabrina Colle, avrebbe acquistato un’opera dell’artista Vittorio Zecchin pagandola 148 mila euro circa. Per i magistrati il reale acquirente sarebbe però lo stesso critico d’arte. Una ricostruzione contestata dagli indagati per i quali l’operazione sarebbe stata effettuata da Sabrina Colle con il denaro di una terza persona. L’acquisto del dipinto, “Il giardino delle fate”, opera del 1913, secondo la tesi di Sgarbi, sarebbe stato realizzato grazie alla munificenza dell’ormai defunto Corrado Sforza Fogliani, avvocato cassazionista e banchiere, ex presidente di Confedilizia e vicepresidente dell’Abi. A fare andare su tutte le furie il ministro sono però un giro di consulenze e gettoni (300 mila euro) che Sgarbi (che è anche sindaco di Arpino, prosindaco di Urbino e assessore a Viterbo) ha preso non potendolo fare.

Dopo un’intervista di fuoco al Fatto, il ministro conferma al Foglio che “Vittorio dovrebbe fare altro, io mi pago tutto da solo: dai pranzi con gli ambasciatori alla differenza negli hotel troppi cari. Sgarbi può fare ciò che vuole, ma non da sottosegretario”. Il quale si difende spiegando che “l’Agcom si è già occupata a maggio del mio caso assicurando che posso scrivere sui giornali e svolgere conferenze”. Ora se ne occupa anche l’Antitrust. E soprattutto Meloni che dovrà prendere una decisione. Dettaglio: Sgarbi venne indicato in quota Berlusconi, dunque Forza Italia. Questo peserà nella scelta della premier?

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.