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editoriali

Fare altro debito non è una riforma

Redazione

Previsti altri bonus a tempo, ma le tasse si tagliano se ci sono i soldi per farlo

Non siamo ai livelli di Liz Truss, che si è scagliata contro i mercati con un taglio delle tasse senza coperture ottenendo la caduta del suo governo, ma quasi. Perché la situazione è più complessa, soprattutto per un paese con un debito enorme come l’Italia, e quindi basta molto meno della folle politica economica della Lady di latta per ottenere conseguenze analoghe. Secondo il Sole 24 Ore, infatti, nel Consiglio dei ministri di lunedì il governo si occuperà della delega fiscale con un taglio delle tasse a termine. Il decreto “Taglia tasse” che include il primo modulo della delega fiscale, ovvero l’accorpamento delle due aliquote Irpef inferiori che alzerà da 15 mila a 28 mila euro l’attuale scaglione tassato al 23 per cento, varrà solo per il 2024. In pratica, “la riforma che l’Italia aspettava da 50 anni” – così Giorgia Meloni ha definito la revisione dell’Irpef – durerà solo un anno. Vuol dire che ai 10 miliardi di taglio del cuneo fiscale, anch’esso temporaneo, si aggiungeranno 4 miliardi di taglio dell’Irpef: l’“ipoteca sul bilancio”, così l’ha definita il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, passa quindi a 14 miliardi.

 

L’operazione ha due problemi: il primo è che l’effetto sull’economia viene depotenziato, dato che la temporaneità dello sconto fiscale induce le famiglie a risparmiare; il secondo è che in un contesto di incertezza sul debito, il governo anziché consolidare il bilancio spreca di nuovo risorse in bonus. In una situazione di forti tensioni geopolitiche, con i prezzi del gas e del petrolio in aumento e con il Fmi che chiede “un aggiustamento fiscale più ambizioso”, il governo Meloni farebbe meglio a tenere da parte delle risorse anziché esaurire tutti i margini di bilancio. Ma più in generale, un governo di centrodestra che punta davvero ad alleggerire la pressione fiscale dovrebbe considerare che le tasse si tagliano se ci sono i soldi. Ovvero se si riduce, o quantomeno si contiene, la spesa pubblica. Quella è la “riforma strutturale” che gli italiani attendono da cinquant’anni. Aumentare il debito non è una grossa innovazione.

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