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Inattaccabile

La linea di Meloni sui migranti è un guaio per i suoi nemici

Claudio Cerasa

Europeista, non estremista, poco nazionalista. l’opposizione non ha nulla da rimproverare alla premier perché sull'immigrazione la presidente del Consiglio non sta facendo nulla che possa essere incasellato sotto l’etichetta truce delle pericolose politiche di estrema destra

E’ il tema su cui il governo è in maggiore sofferenza, per via della distanza abissale che esiste tra l’agenda delle aspettative e quella della realtà, ma è anche il tema su cui l’opposizione mostra maggiore difficoltà a trovare un modo per affondare il coltello e mettere in mutande il proprio nemico. E allora uno si chiede: ma come fa l’immigrazione a essere contemporaneamente il punto debole del governo e anche quello dell’opposizione? La risposta è semplice e disarmante: l’opposizione non ha nulla da rimproverare a Meloni sull’immigrazione perché su questo terreno la presidente del Consiglio non sta facendo nulla che possa essere incasellato sotto l’etichetta truce delle pericolose politiche di estrema destra. E da Granada, in fondo, dove Meloni è con i principali leader europei per il vertice della Cpe (Comunità politica europea), la premier italiana si porta a casa due risultati che dovrebbero far piacere anche alle opposizioni. Ha convinto a cambiare idea sul tema del finanziamento delle ong un governo guidato da un socialdemocratico come Olaf Scholz.

Ha firmato un accordo in Europa, sul patto di migrazione e asilo, andando contro i suoi storici amici europei, il premier polacco Morawiecki e il premier ungherese Orbán e lavorando per ottenere ciò che il centrosinistra chiede da anni, con poco successo, all’Europa: solidarietà obbligatoria sui migranti da parte dei paesi membri (sotto forma di ridistribuzione dei migranti o contributi finanziari) e una serie di deroghe per i paesi sotto pressione (dai tempi più lunghi per le registrazioni a un prolungamento della detenzione). A tutto questo poi aggiungiamo il fatto che il governo Meloni, il cattivissimo governo di destra, è anche il governo che ha aperto, come nessun altro governo nella storia della Repubblica, le maglie del decreto flussi (452 mila in tre anni). E’ il governo che ha scelto di aprire alla modifica di una legge che il centrosinistra prova, senza successo, a modificare da anni (la “Bossi-Fini”, emendamento Foti approvato il 26 luglio all’unanimità dalle commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera). E’ il governo che collabora, nonostante la retorica, alla grande con le ong nel Mediterraneo per provare a salvare qualche vita (compresa la ong che ha portato a processo il vicepremier di questo governo, Matteo Salvini, ovvero Open Arms).

E’ il governo che, a costo di contraddirsi, ha scelto di smascherare involontariamente l’idea che l’immigrazione sia legata al pull factor (gli immigrati arrivano perché c’è qualche governo complice degli scafisti) mentre con ogni evidenza ciò che conta è il push factor (per governare i flussi bisogna occuparsi di fare accordi con i paesi da cui i migranti partono e per fare accordi con quei paesi non serve meno Europa ma serve più Europa) e ha portato avanti (lo diciamo con ironia) una eroica campagna televisiva sulle reti più vicine volta a non creare allarmismi eccessivi rispetto al numero di migranti in arrivo dall’Italia (con un numero di sbarchi simile a quello che vi è oggi, un tempo, Salvini e Meloni avrebbero presenziato ogni sera in tv a parlare di invasione, dopo essersi incatenati al Viminale per chiedere le dimissioni del ministro dell’Interno). L’immigrazione è il terreno più impervio per la maggioranza (aspettative: blocco navale; realtà: blocco dei nazionalisti). Ma ciò che il governo sta facendo sull’immigrazione (Cpr a parte) è probabilmente ciò che avrebbe fatto l’opposizione se fosse stata al governo. E se l’opposizione fosse creativa più che accusare Meloni di essere fascista su questo terreno dovrebbe sfidarla a fare quello che ha cominciato a fare: meno muri, meno slogan, più Europa e più realtà. Il populismo, in fondo, si può combattere anche così.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.