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il vertice

Meloni arriva a Granada forte del successo sulle ong. Ma resta il problema Tunisia

Simone Canettieri

Sbloccato il patto con Berlino sull’immigrazione, ma l’intesa con Saied non va. La premier: "Non mi sento isolata, lo è la sinistra europea ideologica". Oggi l'incontro con altri 50 leader del continente

Granada, dal nostro inviato. Nel patio de los leones, nel cuore dell’Alhambra, sono iniziati i preparativi per la cena di questa sera della Comunità politica europea, allargata a 50 leader del continente. Giorgia Meloni si siederà a tavola con un simbolico e fattuale risultato portato a casa: Italia-Germania 1-0. Il punto sulle mai amate ong voluto da Berlino è stato declassato, l’intesa sui migranti è stata sbloccata. Finisce tra i “considerando” del documento e sparisce l’emendamento. La svolta è arrivata “dopo interlocuzioni ai massimi livelli”. Palazzo Chigi smentisce una telefonata che sembra esserci stata tra la premier e Olaf Scholz. 

Cade così un feticcio della propaganda del governo. A Roma Fratelli d’Italia gongola, in Germania la Faz (che non è il diminutivo di Fazzolari ma l’acronimo del quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung) scrive che “Berlino sbatte contro il granito di Roma”. La schiarita sui migranti servirà a Meloni e al cancelliere tedesco per chiudere il caso, magari in un bilaterale in programma domani, quando qui a Granada ci sarà il consiglio informale europeo, il primo sotto la presidenza spagnola. E dunque tinto de verano per tutti (una specie di sangria con vino rosso e gazzosa che è molto in voga in Andalusia)? Di fatto il passo indietro c’è stato, da parte del cancelliere tedesco alle prese anche con dinamiche di politica interna: non inseguire i Verdi, non spianare la strada all’Afd dato sempre più in crescita, con test locali alle porte. Si è evitato il braccio di ferro visto che Meloni aveva minacciato un contro-emendamento. Se ufficialmente sono stati giorni di muro contro muro, sottotraccia le diplomazie hanno lavorato per cercare un compromesso e così alla fine è arrivata la svolta, con il ritiro dell'emendamento tedesco e la soddisfazione della premier. Ma parlare di un clima di fiesta sarebbe eccessivo. Perché a monte i problemi rimangono: le partenze continuano e lo scontro con la magistratura che disfa i decreti Cutro sull’immigrazione continuano. Niente fiesta, niente brindisi.

Perché al di là delle ong rimane il problema della Tunisia, del memorandum che non decolla, dell’Olanda che lo critica, del presidente del Consiglio Ue Charles Michel che punta il dito contro la Commissione con Ursula von der Leyen che gli risponde. E poi c’è il presidente tunisino Kais Saied che ha rifiutato i fondi stanziati dall’Unione europea, definendoli “elemosina” e accusando l’Ue di aver disatteso un memorandum d’intesa, nonostante Meloni da Malta avesse annunciato il primo stanziamento per il paese del Nord Africa affinché inizi a bloccare le partenze di barchini e barconi. Tutto molto complicato e lontano da venire. Intanto Meloni si gode il successo sulle ong, senza attaccare la Germania ma riferendosi a una generica sinistra europea (Berlino rimane un’alleata sulla revisione del Patto di stabilità, dunque meglio non maramaldeggiare). Tanto che commenta così: “L’emendamento è stato ritirato ed è passata la posizione italiana. Si tratta di implementare velocemente gli strumenti effettivi, è nella velocità di realizzazione che l’Europa deve essere più brava”. Però, dice ancora la premier, “devo dire che non mi sento isolata io, mi sembra che sia molto più isolata una sinistra europea che continua a ritenere di poter affrontare questa materia in modo ideologico facendo di fatto un lavoro che non aiuta nessuno”.

La giornata di oggi ruoterà molto intorno a Volodymyr Zelensky. Potrebbe collegarsi o, più probabile, materializzarsi a Granada. In questo caso non è escluso, anzi, un bilaterale tra il presidente ucraino e la premier che si appresta a varare l’ottavo pacchetto di aiuti militari al paese invaso dalla Russia in uno scenario internazionale sempre più complicato. Sugli aiuti bellici, spiega la premier, “siamo sempre stati a fianco dell'Ucraina e continueremo a farlo, compatibilmente con le richieste e con la necessità di non sguarnire la nostra sicurezza”. Il problema semmai è un altro. Come dice ancora Meloni è evidente che “la guerra genera delle conseguenze che impattano fortemente sulle nostre società, e se noi non siamo bravi ad affrontare quelle conseguenze le opinioni pubbliche continueranno a scricchiolare”. Citofonare Matteo Salvini, leader della Lega, che continua a masticare amaro, seppur in silenzio. Anche se l’insofferenza nel Carroccio monta sempre di più. Meloni sull’Ucraina ha problemini interni, seppur sopiti, e anche un sistema di alleanze che inizia a fare le bizze. E magari oggi tenterà, ancora una volta, di convincere i più scettici – a partire da Ungheria e Serbia – della necessità esistenziale, per l’Europa, di continuare a sostenere Kiev. Un aiuto che Giorgia Meloni ribadirà essere saldissimo da parte italiana. Ma a contare saranno soprattutto le riunioni a margine. La premier nel patio dei leoni avrà il suo da fare. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.