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L'editoriale del direttore

Le verità che Meloni non può dire sull'immigrazione

Claudio Cerasa

Perché è ora di smontare le balle della Salvini-Lepenisti-Caciaroni-Teppistelli e Associati

Non ci vuole molto a capirlo. L’immigrazione è diventata il tormento di Giorgia Meloni. E ogni giorno, da settimane, non c’è istante in cui il tema non sia, per la presidente del Consiglio, una fonte di panico, una ragione di angoscia, un motivo di imbarazzo. Ieri avete visto cosa è successo. Il vicesegretario della Lega, Andrea Crippa, ha detto nientepopodimeno che ciò che la Germania sta facendo con le ong, finanziandole, ricorda da vicino ciò che i tedeschi fecero al tempo dei nazisti. “Ottant’anni fa invasero gli stati con l’esercito, ora finanziano l’invasione dei clandestini”. Rutto libero, come scrive oggi Giuliano Ferrara.

L’angoscia di Meloni, però, non riguarda solo la competizione lanciata dalla Lega sul terreno dell’immigrazione: noi siamo i veri custodi del sovranismo, tu sei una traditrice del nazionalismo. Riguarda un problema più grosso che coincide con una verità che il presidente del Consiglio dovrebbe forse spiattellare in faccia sia ai suoi alleati capricciosi sia ai suoi follower ingrati. E la verità riguarda tutto quello che Meloni vorrebbe probabilmente dire sull’immigrazione ma che non ha il coraggio e la forza di dire per paura di essere travolta dai buuu dei suoi cari amici leghisti. La aiutiamo noi.

Al dottor Crippa e Associati si potrebbe spiegare per esempio che trasformare i nostri alleati in nemici da combattere è un’idea bislacca che può funzionare solo nel magico mondo del salvinismo, un mondo dominato cioè da quei nazionalisti che pagherebbero oro (a) per trasformare l’Italia nel campo profughi d’Europa e (b) per evitare che in giro per il continente possa esserci una qualche minima tentazione di mostrare solidarietà tra i paesi membri dell’Ue. Meloni lo sa, lo ha capito, ha capito che la difesa degli interessi nazionali è inversamente proporzionale alla difesa degli interessi dei nazionalisti e per questo, quando può, tenta disperatamente di emanciparsi dagli amici di una vita (Orbán), di non polemizzare eccessivamente con i leader europei (Scholz) e di tessere la tela anche con i leader più invisi ai suoi alleati (l’anti lepenista Macron).

La verità che Meloni non può dire come vorrebbe alla Crippa-Salvini-Lepenisti-Caciaroni-Teppistelli e Associati è che non esiste una sola soluzione al governo dell’immigrazione, per l’Italia, che non passi da un triplo canale: aumentare gli ingressi legali per far fronte alla carenza di manodopera (cosa che sta facendo, in segreto, di nascosto, con imbarazzo, persino Orbán), chiedere all’Europa maggiore disponibilità ad accogliere nei propri paesi i migranti che arrivano in Italia (ricollocamenti), lavorare con l’Unione europea per  finanziare i paesi da cui partono i migranti per provare a fermare le partenze (cosa di cui hanno discusso ieri Meloni e Macron).

Meloni, piuttosto che farsi intimidire dalle scemenze politiche della Lega dei Vannacci, dovrebbe dunque avere il coraggio di mettere di fronte al muro della realtà l’inconcludente e autolesionista politica promossa dal populismo in versione leghista. Dovrebbe avere il coraggio di dire che gli alleati di Salvini, in Europa, sono parte del problema e non della soluzione. Dovrebbe avere il coraggio di dire che il problema delle ong non riguarda la loro presenza nel Mediterraneo ma riguarda semmai l’assenza di regole che può permettere alle ong di muoversi senza dover rispondere a qualcuno delle proprie azioni (e non a caso una volta stabilite delle regole di ingaggio con le ong il governo ha iniziato a collaborare con le ong nel Mediterraneo per salvare migranti, lavorando anche con la ong che ha mandato a processo Salvini: Open Arms). Le sbavature ci sono, ovvio, ma sull’immigrazione nel governo ci sono due linee. Una linea dura ma europeista di Meloni. E una linea dura e autolesionista di Salvini. La seconda linea ha una narrazione, seppure becera. La prima linea, no. Meloni deve scegliere che fare. O subire Salvini o cominciare spiegare a Salvini perché la linea Crippa-Lepenisti-Caciaroni-Teppistelli e Associati è un danno non solo per il governo ma anche per l’Italia.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.