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I porti aperti della premier

Perché la lotta con i pm serve anche a nascondere le svolte fatte da Meloni sui migranti

Claudio Cerasa

La presidente del Consiglio litiga con Ungheria e Polonia, approva il decreto flussi più importante di sempre e chiede aiuto alla Ong che ha portato a processo Salvini. Con il tema farlocco dell'assedio giudiziario il governo cerca di distrarre l’opinione pubblica dalla rivoluzione in corso sull'immigrazione: dalla propaganda becera al realismo

C’è stato un tempo in cui la destra, quando doveva andare all’attacco, quando voleva conquistare consenso, quando voleva mettere in difficoltà i propri avversari, sapeva perfettamente cosa  fare e sapeva perfettamente su cosa puntare le proprie fiches: sull’immigrazione, è ovvio. La formula era quella che forse ricorderete. Arrivano troppi migranti? La colpa è del governo. Gli sbarchi non si fermano? La colpa è dell’Europa. A Bruxelles vogliono maggiore solidarietà? Noi facciamo il blocco navale. Le frontiere sono aperte? Noi chiudiamo i porti. L’Europa vuole accogliere i migranti? Noi ci alleiamo con Orbán. C’è stato un tempo in cui alla destra nazionalista, per mettere in mostra i propri muscoli, era sufficiente parlare di immigrazione. Quel tempo, come forse vi sarete accorti, è però finito. E una delle ragioni per cui il centrodestra italiano ha deciso in questi giorni di montare la panna attorno al tema farlocco dell’assedio giudiziario va forse ricercata qui. Non tanto o non solo nella volontà ferrea di difendere a oltranza gli onorevoli Delmastro e Santanchè. Quanto nella volontà ferrea di trovare una comfort zone utile a distrarre l’opinione pubblica da una clamorosa e indicibile scelta di campo compiuta su un terreno delicato: l’immigrazione, appunto. Una rivoluzione rotonda, importante, ma non rivendicabile, al centro della quale vi sono quattro notizie che difficilmente vedrete valorizzate dai telegiornali sensibili al richiamo della destra sovranista.

La prima notizia è quella registrata alla fine della scorsa settimana, quando il Consiglio dei ministri ha approvato in esame preliminare un dpcm per programmare, per il triennio 2023-2025, i flussi di ingresso legale in Italia dei lavoratori stranieri. I numeri sono pazzeschi: 452 mila  ingressi nel triennio, a cui aggiungere gli 82 mila già previsti con un altro decreto flussi all’inizio di quest’anno (a febbraio). Fabbisogno totale stimato: 833 mila unità (dunque non è da escludere che vi saranno altri decreti di questo genere). Sintesi: nessun altro governo nella storia recente della Repubblica aveva accettato di far arrivare legalmente così tanti lavoratori stranieri. Cosa avrebbe detto il centrodestra se a varare questo decreto fosse stato il centrosinistra? Provate a rileggere le frasi usate da Giorgia Meloni nel marzo del 2017, quando fu il governo Gentiloni a varare un decreto flussi pari a 30.850 unità. “Varato dal governo il decreto flussi: zero permessi per chi vuole venire a lavorare legalmente in Italia, le sole quote ammesse riguardano il lavoro stagionale e la conversione di permessi già esistenti. In compenso, il governo spalanca le porte a centinaia di migliaia di clandestini. FdI sostiene l’esatto contrario della sinistra: stop agli sbarchi e all’immigrazione illegale, sì al governo dell’immigrazione regolare proveniente da quelle nazioni che si integrano con maggiore facilità e non creano problemi di sicurezza”. La seconda notizia riguarda un dato pubblicato giusto ieri dal ministero dell’Interno, relativo agli arrivi registrati dall’inizio dell’anno a oggi in Italia. Dal 1° al 10 gennaio 2013, il numero di migranti sbarcati è pari a 71.601 unità. Nello stesso periodo, un anno fa, il numero dei migranti sbarcati fu pari a 30.939 unità. A fronte di quei numeri, il partito di Giorgia Meloni reagì in questo modo, contro l’allora ministro dell’Interno: “Il ministro Lamorgese – disse Meloni nell’aprile del 2022 – non ha alcuna visione, né strategia per difendere l’Italia ed è diventata la perfetta caricatura del governo dei migliori. Per questo Fratelli d’Italia la invita a dimettersi”. Dunque, sappiamo ora, l’aumento degli arrivi non ha nulla a che fare con chi governa il paese dove si manifestano gli sbarchi ma ha invece molto a che fare con i processi esistenti nei governi dei paesi da cui i migranti scappano. La terza notizia riguarda una mossa, ormai nota, fatta dal governo Meloni tre settimane fa, quando, scegliendo di sostenere il Patto sull’immigrazione e il diritto d’asilo proposto dall’Unione europea, ha deciso di rompere, su questo punto, l’asse con Polonia e Ungheria, dando la propria adesione a una riforma, a cui l’Europa lavora da anni, definita un anno fa dallo stesso partito di Meloni “l’ennesima presa in giro nei confronti della nostra Nazione su questo tema così delicato” (10 giugno 2022). La quarta notizia, più fresca, è quella di cui ha dato conto due giorni fa Avvenire, che ha notato anche qui una svolta indicibile da parte del governo Meloni su un altro dettaglio importante: il rapporto con le ong. E nonostante le parole di fuoco utilizzate dal governo contro le navi umanitarie, i dati dicono che dall’inizio dell’anno sono state soccorse e poifatte sbarcare in Italia circa 70 mila persone, molto più del doppio delle 30 mila dello stesso periodo del 2022, anche grazie a un’attività di coordinamento del Centro di ricerca e soccorso di Roma con le ong in mare. E l’ong più coinvolta, in questi mesi, più richiesta, è stata la stessa Open Arms (sei volte) che nell’agosto 2019 venne tenuta bloccata per giorni dal ministro Salvini, nell’ambito di una vicenda per la quale l’attuale vicepremier è sotto processo davanti al tribunale di Palermo per sequestro di persona.

Sull’immigrazione, in Italia, è in corso una rivoluzione vera, un passaggio drastico e clamoroso dalla stagione della propaganda becera a quella del realismo pragmatico. Alzare un polverone sul nulla è importante per difendere onorevoli nei guai, come Delmastro e Santanchè, ma è anche cruciale per evitare che i sovranisti possano finire nei guai nel caso in cui qualche follower dovesse fare il conto di quanti sono gli slogan ridicoli che i nazionalisti hanno dovuto cestinare per non affogare rapidamente in un meraviglioso bagno chiamato realtà.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.