Carlo Fidanza (Ansa)

L'intervista

“Lavoriamo per un blocco con il Ppe, ma con i liberali c'è sintonia”. Parla Fidanza (FdI)

Gabriele De Campis

A margine della riunione dei conservatori europei a Bari, il capo delegazione a Bruxelles di Giorgia Meloni spiega le strategie per esportare nel parlamento continentale il modello del centrodestra italiano, in vista del voto

Tutti a cena da “Eddicola”. A volte il diavolo è nei dettagli. La colorata comitiva dei delegati dei think tank europei dei conservatori, riuniti a Bari dalle Fondazioni Tatarella e Nazione Futura con Francesco Giubilei e Fabrizio Tatarella, l’altra sera era “attovagliata” nell’elegante ristorante di un imprenditore albanese e del suo eccentrico socio, un ex fashion designer di estrazione cosmopolita. Il tema del meeting pugliese è “L’Europa dei conservatori” e le strategie dei meloniani a Bruxelles, una complessa trama di sintonie e flebili intese con i liberali tutte da esplorare, sono delineate da Carlo Fidanza, capo delegazione Fdi al parlamento europeo, nel dialogo con il Foglio. L’orizzonte è quello di esportare il modello del centrodestra italiano? “Con il Ppe - spiega l’eurodeputato lombardo - c’è un dialogo che nasce da una convergenza trasformata in orientamenti comuni e infine nel votare insieme a difesa del mondo della produzione, geopoliticamente strategico, messo a rischio dai deliri green di Frans Timmermans e compagni”.

 

Si inizia a palesare dunque il grande gioco delle alleanze verso il 2024. Fidanza si è mostrato deciso e allo stesso tempo prudente: “Passare da queste sintonie su singoli provvedimenti ad una alleanza stabile tra partiti che si dividono su altri dossier Ue e che a volte nelle rispettive nazioni sono rivali se non acerrimi nemici, non è automatico”. La traccia di lavoro c’è: “Ragioniamo sulla creazione di un blocco di due gruppi sinergici, Ppe-Ecr. Da lì si parte per capire cosa mancherà dopo il voto per fare la maggioranza”. E aggiunge: “Per molti in Europa gli schemi delle alleanze risultano divisivi”.

 

Il panorama continentale, infatti, risente delle specificità nazionali. In Spagna il proporzionale puro è foriero di confronti aspri: “In Svezia, Finlandia, Repubblica Ceca e Slovacchia c’è già una alleanza di centrodestra. Ora speriamo di averne una simile anche a Madrid. Certo, lì il Pp e Vox competeranno su un elettorato in parte coincidente. Ma il nostro Abascal proverà ad essere determinante come nelle ultime regionali. La speranza è che nasca un governo di coalizione. E gli effetti di un accordo iberico si rifletteranno anche su Bruxelles”. Più complesso il caso Polonia: “L’alta conflittualità a Varsavia tra popolari e la destra conservatrice di Pis è un ostacolo di cui tenere conto. La legge approvata contro le influenze russe, a Donald Tusk appare come una sorta di norma ad personam, mentre Pis punta a evidenziare le tante “commistioni” dell’ex premier, in linea con  con la Ostpolitik della Merkel, che  dialogava in maniera serrata con Mosca…”.

 

All’orizzonte potrebbe esserci una possibile convergenza con i liberali e i macroniani? “In questo momento una interlocuzione strutturata non è possibile. Macron non potrebbe raccontare in patria di una intesa con la Meloni, per timore di legittimare la Le Pen. E il nostro premier registra i toni polemici transalpini sul dossier immigrazione. C’è un però”. Prego. “Sulla “Nature restoration”, apparsa, non solo per i conservatori, penalizzante per pescatori e agricoltori, i liberali hanno votato con noi e Ppe. Sull’immigrazione, su emendamenti simbolici come il finanziamento dei muri contro gli ingressi clandestini, delegazioni nordiche e dell’est del gruppo liberale hanno votato con noi e con il Ppe. Poi c’è un pezzo di Id, la Lega e altri, non i tedeschi e i francesi, che in una logica di allargamento potrebbero starci”.

 

Fidanza propone una lettura realista: “A Bruxelles conta il pragmatismo. Nel Ppe c’è la consapevolezza di come un appiattimento a sinistra potrebbe portare ad un ulteriore calo dei consensi”. Il mondo degli ex An non è mai stato ostile al Ppe: “Siamo stati in quel partito quando eravamo nel Pdl, ma ora non siamo interessati a entrare nella casa centrista. Molti partiti popolari sono irrigiditi dalla concorrenza delle destre identitarie. Noi invece sosteniamo che una convergenza limiti anche la nascita di formazioni estremiste antisistema. Siamo per un fronte largo tra popolari e destre patriottiche, e tra queste non c’è l’Afd, mentre ci sono convergenze con i movimenti critici dell’ideologia green, come gli olandesi del partito dei cittadini contadini. Coniugare ambiente e tutela del sistema industriale europeo sarà uno dei nostri capisaldi. Su questo ci alleeremo. Con chi ci sta”, puntualizza Fidanza. E La presidenza di Ursula? “È figlia di una stagione passata. Potrebbe essere ricandidata dal Ppe a gennaio, ma la sua rielezione non è automatica. Per Weber, pur indicato alla guida della Commissione nel 2019, le cose andarono diversamente. Insomma senza maggioranza Ursula, ci potrebbe essere un altro presidente…”, conclude Fidanza.