editoriali

A Meloni serve un piano B in Europa

Redazione

Fare i conti con l’utopia della “maggioranza Giorgia”, la possibile alleanza tra Ppe e Consevatori (l'ipotesi che diventi realtà è fortemente esagerata). Vedi il caso polacco

In queste settimane si fa un gran parlare, in vista delle elezioni europee del 2024, di una possibile alleanza tra Partito popolare europeo (Ppe) e Conservatori (Ecr) per spostare l’asse dell’Europa a destra. Del progetto che punta a costruire una “maggioranza Giorgia” al posto della “maggioranza Ursula” ha parlato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ma soprattutto ne è fautore il presidente del Ppe Manfred Weber che ha avviato un dialogo con la leader dell’Ecr: Giorgia Meloni. A destra se ne parla con entusiasmo, a sinistra come una minaccia.

  

Ma l’ipotesi che diventi realtà è fortemente esagerata. Per una questione numerica, ma soprattutto politica. Innanzitutto, dalle proiezioni attuali, Ppe ed Ecr sono lontani dalla maggioranza assoluta. Per tenere in piedi la Commissione servirebbe una terza gamba, quella liberale. Ma il leader di Renew, Emmanuel Macron, ha già escluso un accordo con i conservatori. Per giunta, ci sono profonde incompatibilità politiche tra Ppe ed Ecr. La Cdu tedesca, che è il pilastro del Ppe, è molto più moderata e scettica rispetto alla linea Weber (che è un esponente della Csu, più a destra).

 

Ma soprattutto c’è l’ostacolo polacco: nel gruppo di Meloni c’è il PiS, il partito di destra al governo in Polonia, che proprio ieri si è visto bocciare dalla Corte di giustizia Ue la riforma della giustizia (su ricorso della Commissione Ue, quindi del Ppe) per violazione dello stato di diritto. Per giunta nel Ppe c’è il partito di opposizione in Polonia, guidato da Donald Tusk, reduce da una gran manifestazione che punta a scalzare il premier Mateusz Morawiecki (alleato di Meloni) alle elezioni di novembre: difficile vederli nemici in autunno in Polonia e alleati in primavera in Europa. Ciò che può accadere è che qualche partito conservatore entri nel Ppe, come nel caso del premier ceco Petr Fiala, che  già governa con partiti moderati. È complicato che un salto del genere possa farlo Meloni, perché implicherebbe un taglio netto con il passato politico italiano e con gli alleati presenti europei. Urge un piano B.