La ministra Eugenia Roccella (Ansa)

L'intervista

Eugenia Roccella, ministra censurata, spiega la nuova intolleranza. I diritti e l'odio

Maurizio Crippa

“Sono di destra e cattolica. Due aspetti oggi non più tollerati nello spazio pubblico. Hanno la necessità di rappresentarmi come arcigna, punitiva e non possono correre il rischio, in un dialogo, di scoprire cose differenti", dice la ministra per la Famiglia

Il peggiore risultato dell’aggressione che ha impedito a Eugenia Roccella di parlare al Salone di Torino in fondo è questo: i facinorosi e le facinorose (che ancora ieri rivendicavano “non bisogna abusare della parola ‘dialogo’”) non hanno potuto scoprire un libro, una storia e una persona completamente diversi dal fantoccio d’odio, dal target dell’hate speech, che si sono costruiti. E che al nuovo ordine dell’intolleranza è invece indispensabile. “Hanno la necessità di rappresentarmi come arcigna, punitiva – soprattutto in quanto cattolica, che è il vero aspetto non sopportato – e non possono correre il rischio, in un dialogo, di scoprire cose differenti. La radice dell’intolleranza nasce dalla necessità di negare l’altro”.

 

Uno spettro s’aggira per l’Europa, e l’Italia non fa eccezione: l’intolleranza. Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità del governo Meloni, questo spettro lo conosce dagli anni Settanta: “Uno dei motivi per cui ero radicale era proprio il rifiuto, che veniva anche dalla mia educazione e storia familiare, di quella prevaricazione: ‘Non si fanno parlare i fascisti’ era la parola d’ordine. Ma valeva anche per gli anarchici, o i cattolici. Io sono stata educata a una visione liberale e libertaria, e lo sono ancora”. Oggi quel clima è tornato e sembra persino peggiore. “Quando si legittima la possibilità di negare la parola a chiunque, questa cosa poi può degenerare: chi la controlla, chi mette il limite? E’ già violenza. E tutto questo mentre in Europa ci si riempie la bocca di politiche contro l’hate speech”. Una volta l’ideologia ammessa era una sola. Oggi è cambiato qualcosa: “Il paradosso è che tutta questa affermazione dei ‘diritti’ ha oscurato l’idea stessa di libertà”. 

 

Spiega Roccella: “Le battaglie fatte dalle femministe, dai Radicali in quegli anni erano per aggiungere libertà, per tutelare libertà. Erano per incrementare la libertà di scegliere, che è diversa dall’affermare ‘diritti’ che in certi casi finiscono per negare la libertà di altri, basilare, di poter pensare diversamente”. Si è sentito in questi giorni affermare esplicitamente che “è legittimo essere intolleranti” contro, in buona sostanza, chi ha opinioni differenti. Da dove viene e come è cambiata questa nuova minacciosa intolleranza? “Ha due motivi fondamentali, nel mio caso personale ma vale per molti altri casi. La collocazione a destra, e l’essere cattolica. Anche quindici anni fa questi aspetti erano contestati, osteggiati e causa di forti scontri (l’epoca della ruiniana presenza nello “spazio pubblico”, ndr) ma era possibile esserci, portare avanti istanze. Oggi invece per molti è diventato semplicemente intollerabile che qualcuno esista come cattolico, o di destra. Si vieta di parlare, si cancella letteralmente dallo spazio pubblico e culturale. In America e in molti paesi europei il deplatforming è ormai una regola e una prassi imposta a cui non c’è modo di opporsi”.

 

L’impressione è però che, accanto a una prassi e una mentalità sempre più potenzialmente violente, basterebbe il caso di J. K. Rowling, vi sia anche una debolezza di voci dissonanti. E’ così? “E’ esattamente così. E ricordo che qualche giorno fa Salman Rushdie, uno che ha sofferto e rischiato la vita a causa della fatwa, ha lanciato un messaggio ai British Book Awards denunciando che ‘la libertà di pubblicare, la libertà di leggere, la libertà di scrivere’ oggi sono minacciate in occidente. Ma qui da noi è quasi sparita la capacità di ingaggiare un dibattito, anche aspro con quelle posizioni intolleranti”. Eppure, a parole, lo scontro sembra molto forte. “Oggi c’è al massimo una sorta di ‘resistenza’ al mainstream ideologico, o la denuncia di forme di censura che esistono. Ma mancano figure forti, laiche, capaci di interloquire e smantellare le ideologie. Pensieri liberi, figure come un Pasolini”. Bisogna però ammettere che, nel panorama politico della destra italiana, personalità di quel livello non se ne vedono troppe. Lei, che ha una storia personale, culturale e anche di militanza diverse, non si sente un po’ sola? “Io oggi sono a destra e molto convinta di essere a destra”, risponde sicura Roccella. “La sinistra che oggi vedo incarna  invece quello cui mi oppongo e che mi fa paura: la censura del pensiero degli altri, il transumanesimo, persino certe radicalizzazioni in campo economico. Io ero di sinistra, ma oggi mi sarebbe impossibile. Sono a destra perché mi batto per quella che chiamo ‘la conservazione della condizione umana’. E dico di più: non è casuale che oggi alla guida di un governo di destra  ci sia una donna, che ha saputo sviluppare le sue doti di leadership sostenendo nello stesso tempo la sua visione culturale, sociale”.

 

Lei, e certo anche per la sua storia, è accusata di essere la punta di diamante della negazione dei diritti: dall’aborto all’idea di famiglia all’ambiente alle presentazioni dei libri tutto si tiene: è sempre la minaccia fascista. Come si può uscirne? “Invece sono stata io a essere censurata, è un ribaltamento che mi impressiona. Ma si dovrebbe uscirne con il dialogo, e io sono ottimista su questo. A Torino ho invitato quei giovani contestatori a parlare, ma se scoprissero che non sono la cattolica punitiva arcigna che volutamente dipingono, cadrebbe il loro castello. Scoprirebbero una dimensione di libertà. Mi piace molto la battuta di Marcello Pera: se ci fosse davvero un rischio fascismo in Italia, gli intellettuali sarebbero già tutti passati da questa parte”. 
 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"