Claudio Scajola (Ansa)

Apologo manettaro

Scajola batte (anche nelle urne di Imperia) il poliziotto che lo voleva far condannare

 Giampiero Timossi

Nella città ligure, l'ex ministro si conferma sindaco superando il 60 per cento. Un plebiscito contro il vicecommissario Ivan Bricco, del centrosinistra. che ha indagato in almeno 5 occasioni sull'avversario politico, uscito sempre indenne. Il tentativo di portare il giustizialismo dal tribunale alle cabine elettorali: non ha funzionato

Apologia del manettismo. Non si tratta di un reato, è solo una favola allegorica, a fine spiccatamente pedagogico. E’ quella andata in scena a Imperia, da metà marzo al 15 maggio. La storia è questa: ci sono le elezioni per eleggere il nuovo sindaco o confermare quello che già c’era. E per sfidare il settantacinquenne Claudio Scajola, il centrosinistra decide di puntare sul poliziotto che per oltre un decennio ha indagato su di lui, Ivan Bracco, vicecommissario. Un bravo poliziotto, che sa fare il suo mestiere, sa che ogni uomo ha un vizio e lo farà cadere. Però alla fine cade lo sfidante, il bravo poliziotto, perché le ultime comunali imperiesi si sono trasformate in un plebiscito, altro che tintinnar di manette.

 

Claudio Scajola non ha avuto neppure bisogno del ballottaggio, ha vinto facile al primo turno, a un passo dal triplicare la percentuale del principale sfidante, chiudendo con un 62,97 per cento che surclassa il 22,58 di Bracco.

Non c’è giustizia, deve aver pensato chi non ce l’ha fatta. Il tentativo, in questa apologia del manettismo, era quello di portare il giustizialismo dalle aule di tribunale alle urne. Se indagini, codici, processi più o meno infiniti non hanno sconfitto il Ministro (dalle sue parti lo chiamano sempre così) non ci sono riusciti neppure gli elettori, che al contrario lo hanno premiato, lasciandolo alla guida di questa città di provincia stretta tra le Alpi e il mare, altra unicità insieme a quella di una sfida tra chi inquisiva e l’inquisito, battaglia tutta politica, senza possibilità plausibile di smentita.

 

Il vicecommissario ha seguito le tracce del suo avversario politico in almeno cinque delle inchieste imperiesi, dalle quali, raccontano i fatti, Scajola è sempre uscito indenne, con assoluzione o procedimento archiviato. In una campagna elettorale resa frizzante soprattutto da questa sfida “ideologica”, l’ex ministro degli Interni si è sempre limitato a un semplice “no-comment”. Il Secolo XIX, storico quotidiano della Liguria, ha anche ricostruito l’ultima volta che i due, Scajola e Bracco, si sarebbero parlati, nell’autunno del 2015, otto anni fa. Dove avvenne l’incontro? Davanti al tribunale, ça va sans dire. Con Scajola che esordiva: “Buongiorno Bracco, ha già fatto danni oggi?”. Con l’investigatore che replicava: “Buongiorno Scajola, la giornata è ancora lunga”. Davvero una manciata di parole, sufficienti per descrivere il tasso di veleno che ha caratterizzato la campagna elettorale. E questa sfida nella sfida, almeno per chi sostiene le ragioni del settantacinquenne sindaco, nasce tra le pieghe di un’inchiesta che lo coinvolse, in un dettaglio giudicato rivelatore: nell’inchiesta sul porto di Imperia le indagini vennero affidate alla Polizia Postale. Meglio, al vicecommissario della Polizia Postale Ivan Bracco.

Scelta singolare? Non per i magistrati, che spiegarono la decisione con la volontà di individuare un investigatore indipendente da condizionamenti locali. La vicenda risale al 2010, quando all'ex ministro arrivò un avviso di garanzia per associazione per delinquere nella realizzazione del porto. La sua posizione sarà archiviata e alla fine del processo tutti gli imputati verranno assolti.

 

Verbali, perquisizioni, sequestri, è dal 1998 che il responsabile imperiese della polizia postale e dirigente nazionale del sindacato Sap, fa il bravo poliziotto. Da buon candidato, scelto dal centrosinistra, aveva affrontato la campagna elettorale sostenendo: “Voglio portare aria nuova e a differenza di Scajola sono un imperiese doc. Questa è una città che scivola in fondo a tutte le classifiche italiane e questo dipende anche dal fatto che da 50 anni gli Scajola dettano legge”. Solo che le legge è legge, deve essere sinonimo di garanzie, piaccia o non piaccia.

 

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