Luciano Violante (Ansa)

L'intervista

Il premieriato è di sinistra. Parla Luciano Violante

Annalisa Chirico

Il punto di incontro tra Pd e centrodestra? “La riforma deve rafforzare i poteri del presidente del Consiglio. Il presidenzialismo non funzionerebbe, così come l'elezione diretta del premier”, dice al Foglio il presidente emerito della Camera

“All’Italia serve una democrazia che decide”, lo dice forte e chiaro il presidente emerito della Camera Luciano Violante che, appurata la necessità di un esecutivo dotato dei poteri che oggi non ha e delle prerogative che oggi si sogna, resta contrario alle ipotesi di presidenzialismo ed elezione diretta del premier. “Il presidenzialismo, essendo privo di arbitri, funziona soltanto nelle società pacificate, e non è il caso delle società contemporanee attraversate invece da conflitti profondi. Non è un caso che esso sia in crisi tanto negli Stati uniti quanto, nella versione semipresidenziale, in Francia dove i presidenti, negli ultimi anni, sono stati scelti da una ristretta minoranza di elettori. Nel caso italiano, poi, il semipresidenzialismo richiederebbe la modifica dei due terzi della Costituzione, del Csm, della Corte costituzionale; senza contare che nell’esperienza del nostro paese il ruolo di arbitro del Presidente della Repubblica è stato spesso decisivo. Limitarlo sarebbe sbagliato”.

 

Accantonato il semipresidenzialismo, il governo Meloni sembra orientarsi verso una forma di premierato. “Dipende che cosa si intende per ‘premierato’. L’elezione diretta del premier aprirebbe la strada a un sistema bicefalo, con un premier eletto direttamente, con una forte legittimazione politica, e un presidente della Repubblica eletto dal Parlamento, con minore legittimazione ma con forti poteri d’intervento. In proposito, basti ricordare la fallimentare esperienza israeliana dell’elezione diretta del premier varata nel 1996 e chiusa nel 2001. Proprio Shimon Peres, alla fine degli anni Novanta, mi spiegò che il cittadino poteva esprimere due voti: il primo per eleggere il premier e il secondo (relativo ai membri della Knesset) per rovesciarlo. Il Parlamento non è un Consiglio comunale, non può essere a traino del governo”.

 

Nel corso delle consultazioni volute dal presidente Giorgia Meloni, Azione e Italia viva hanno aperto a una possibile collaborazione per il premierato. Bisogna intendersi sui dettagli: se per premierato si intende il rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio, siamo d’accordo. L’elezione diretta invece innescherebbe una serie di squilibri fino alla violazione del principio della separazione dei poteri. Solleva profili di incostituzionalità”. Il premier Meloni sembra intenzionata ad andare fino in fondo. “Io credo che sia necessario intervenire per rimediare alla situazione attuale: esiste un disagio reale legato alla carente capacità decisionale di Parlamento, governo, pubblica amministrazione. Il nostro sistema parlamentare non è razionalizzato: si legifera per decreti legge, esiste un monocameralismo di fatto. E tuttavia la riforma, a mio avviso, deve puntare al rafforzamento dei poteri del premier: fiducia al solo presidente del Consiglio che successivamente forma il governo; possibilità del presidente del Consiglio di proporre al presidente della Repubblica la nomina e anche la revoca dei ministri; sfiducia costruttiva; voto del Parlamento in seduta comune per fiducia, sfiducia costruttiva, legge di bilancio, ricorso all’indebitamento”. Definito il merito, quale metodo lei suggerirebbe? Per il leader del M5s Giuseppe Conte andrebbe istituita una commissione parlamentare. “La sconsiglio fortemente. La via maestra è quella indicata dall’articolo 138 della Costituzione. Le commissioni speciali, in genere, sono la tomba di qualunque progetto di riforma. Il luogo dove ogni proposta si arena”. 

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