Viale Mazzini

Meloni pensa al Rai Fuortes act, ma Salvini prepara già Rai da Giussano

Carmelo Caruso

Il governo, nel prossimo Cdm, pronto a presentare un decreto per favorire l'uscita dell'ad (non subito). In cambio Chiocci al Tg1. Il leader della Lega è avanti e assembla i palinsesti con i suoi volti

Gli daranno tutto, ma solo in nome della “patria”: un decreto, l’autista e pure l’ultimo libro, autografato, del ministro Sangiuliano. Il governo Meloni, questo giovedì, in Cdm, potrebbe presentare il “Rai Fuortes act”. E’ un decreto di poche righe e stabilisce un principio. Ai sovrintendenti stranieri si applicano le stesse norme italiane. Significa che non possono rimanere in carica oltre i 70 anni. La norma colpirebbe l’attuale manager del Teatro San Carlo di Napoli, Lissner, che ha già promesso battaglia legale. Gli manca solo il ricorso all’Onu. Fuortes, in cambio, accelera sulla nomina di Gian Marco Chiocci a direttore del Tg1. Adesso non è più una burla. Il governo ha fame e la Lega di più. Vuole una Rai da  Giussano, RaiVarese: “Te fo’ vide’ mi”.


Dunque esiste questo famigerato decreto e davvero Meloni è tentata. I suoi giureconsulti la confortano: “Presidente, cosa ci sarebbe di più patriottico? Ma lo sai che i nostri sovrintendenti sono discriminati rispetto agli stranieri? Vanno in pensione a sessantasette anni. Ma lo sai che gli stranieri cumulano anche la pensione dei loro paesi?”. In Italia c’è una idea bizzarra del lavoro. Si crede che con il prestigio si paghi al supermarket o al cinema e che un sovrintendente (italiano) possa anche restare, un ulteriore anno, alla guida di un teatro (fino a 68 anni) ma naturalmente gratis: “Come? Non sei contento?”. Sono  le norme attuali e in un paese, più sobrio, se ne sarebbe potuto ragionare. Si sarebbe potuto dibattere se ritenere o meno pensionabile un uomo a 67 anni, e sarebbe stata un grande disputa, se solo la Rai non avesse guastato ogni cosa e la destra mai dichiarata la sua idea sulla Rai. Meloni è infatti indecisa e pensa: “Se faccio questo decreto diranno legge ad Fuortes?”.

 

La soluzione sarebbe quindi approvarlo in Cdm, ma lasciare Fuortes alla guida della Rai, ancora qualche altra settimana, in modo che la legge decanti come il vino. La premier è angosciata da non vedere che Fuortes è tornato a essere una figura del Pd; la sua area di provenienza. Non è più solo come prima. Quando Elly Schlein ha visto Giuseppe Conte prendere piede in Rai, giocare a fare Ettore Bernabei, ha dato mandato al capogruppo Pd, Francesco Boccia, di agganciarlo e di dargli copertura. Ora il Pd offre a Meloni un baratto: lascia Fuortes ancora ad, un anno, e ci accordiamo su nomine e programmi. Ti diamo in cambio il nostro voto in cda. A furia di esitare, la premier, in Rai, ha rivitalizzato Conte e ora Schlein. Non si è neppure accorta che in Parlamento, a viale Mazzini, non si fa altro che parlare, e sicuramente in malafede, di una bella amicizia sfilacciata, a causa di questa sciagurata azienda, una bella amicizia di destra. E’ quella tra Giampaolo Rossi e Gian Marco Chiocci. Uno è candidato a fare il direttore generale Rai, mentre, l’altro, il direttore del Tg1. Dicono che ci sia una fronda contro Chiocci, contro la sua assunzione (ma quante ne sono state fatte, nel recente passato? Lerner, Minzolini, Riotta, Orfeo, Rossella  …) contro la sua eventuale nomina, e che quella fronda non sia di sinistra, ma, al contrario, fuoco amico.

 

Ogni giorno è una dose di veleno, ma chi lo ha mescolato, quel siero, con la sua indecisione? E’ solo malafede? FdI, sul serio, vuole occuparsi di Rai? E, ancora, prima della compatibilità di una nomina, Fdi crede in quella nomina, è capace di difenderla? Il paradosso è che in Rai, entrambi, sia Rossi e sia Chiocci, sarebbero più amati dei manager o dei direttori di  sinistra. Rossi è stimato da quasi l’intero corpo aziendale e Chiocci ha già il lasciapassare del M5s, della Lega e la non ostilità del Pd. Meloni era troppo concentrata su Fuortes, troppo occupata a fare i video confezionati, da non vedere che il suo vicepremier Salvini, la Rai se l’ha già presa. Roberto Cecatto, di area, è stato nominato ad di Rai Way. Il membro della Lega in cda, Igor De Biasio, cumula tre cariche (presidente di Terna, ad di Arexpo) e non ha nessuna intenzione di lasciarne una. Marcello Ciannamea, il dirigente di riferimento di Salvini, vuole invece prendere il posto di Stefano Coletta, alla guida dell’intrattenimento prime Time. In questi giorni passeggia con un fascione di fogli.

 

E’ il palinsesto “Rai da Giussano”, “RaiVarese”. Propone i volti della Lega pure al segnale orario. Uno è quello di Monica Setta. Conduce già due programmi e ha uno spazio a Isoradio, ma la Lega vuole per lei il pomeriggio feriale e festivo di Rai1, e se potesse anche una rete intera. E’ il loro volto e lo vogliono valorizzato. Un altro è quello di Laura Tecce. La Lega chiede anche il ritorno di Roberto Poletti, in un contenitore mattutino. Per l’amico di Salvini, Francesco Storace, un posto da ospite fisso a gettone. E poi collocazioni adeguate, promozioni, per  Giorgino, Mariella e Pionati. C’è anche il  corporate. Giampiero Zinzilli, ad esempio,  è il più accreditato per fare il direttore Safety and Security. Salvini ha insomma capito come si addenta la Rai. Ma Meloni? Sapete a cosa punta FdI nell’immediato? A prendersi Agorà, l’ultima riserva di centrosinistra di Raitre, da consegnare alla coppia patriota Moreno-Fumagalli del Tg2. E’ la Rai che li svela e che svela il loro limite: hanno  a disposizione un ristorante intero e si concentrano invece sulla bieta all’agro.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio