Il consiglio federale

Dilemma europee 2024 per la Lega: cercare l'alleanza con i popolari o rimanere con l'Afd?

Gianluca De Rosa

A via Bellerio si confrontano le due linee. Salvini ascolta, una decisione ancora non c'è, ma se andasse in porto l'alleanza popolari-conservatori il Carroccio rischierebbe di rimanere a destra in una posizione minoritaria

“Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. E’ un dilemma morettiano quello che agita la Lega di Matteo Salvini. Il segretario certo non ama il regista de “Il sol dell’avvenire”, ma il suo partito a un anno dalle europee del 2024 si trova di fronte a una scelta del genere: seguire con una smorfia di dolore Giorgia Meloni e cercare un’alleanza con i popolari, con la speranza di avere anche a Bruxelles il centrodestra di governo unito, o mantenere l’attuale assetto che vede il Carroccio alleato in Europa con il Rassemblement national di Marin Le Pen e gli estremisti tedeschi dell’Afd nel gruppo Identità e democrazia?

E’ stato uno degli argomenti centrali tra quelli discussi questa mattina durante il consiglio federale della Lega, l’organo di governo del partito di Salvini. Il vicepremier e segretario ha ascoltato con attenzione le due opposte tesi. Quella portata avanti dal presidente della Camera, vicesegretario e responsabile Esteri, Lorenzo Fontana che spinge per rinnovare la scelta a destra e chi invece spinge per un cambiamento, per uno spostamento verso il centro. Ancor prima del tentativo di un accordo con i popolari, partita non chiusa neppure per Meloni, e assai complicata per i leghisti, preoccupa l’alleanza con i tedeschi dell’Afd. Se in Italia la Lega governa, in Germania quelli dell’Afd rappresentano l’opposizione più estremista.

La linea del presidente di Montecitorio è sposata dal capogruppo al Senato Massimiliano Romeo. Mentre per un superamento del sovranismo con sguardo amoroso ai popolari ci sono il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il ministro Roberto Calderoli, il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari e il governatore della Lombardia Attilio Fontana. Proprio Molinari avrebbe spiegato: “Governiamo il paese tutti insieme, adesso lo sbocco naturale è quello di cercare di entrare in maggioranza anche in Ue".

In tanti temono però che si finirà di nuovo nel gruppo dei partiti anti-sistema, una strategia che – è la tesi di chi si oppone a questa strada – si è rivelata fallimentare. Nonostante i numeri pazzeschi ottenuti dal Carroccio alle europee del 2019 – con oltre il 34 per cento diedero alla Lega ben 29 eurodeputati – ha a Bruxelles il partito di Salvini è stato marginalizzato,  un rischio che potrebbe ripresentarsi a prescindere dalle alleanze preventive se si scegliesse di rimanere nel gruppo dei partiti più estremisti proprio mentre i conservatori guidati da Meloni e dai polacchi del Pis guardano ai popolari. “Io – confessa un giorgettiano disilluso – l’avevo detto in tempi non sospetti che bisognava puntare a entrare nel Ppe. Ora quell'operazione la sta tentando, a modo suo, Meloni. Inevitabile, dunque, che molti dei nostri preferiscano restare dove siamo piuttosto che dare l'idea di 'seguire' Giorgia. Siamo in un cul de sac".

Di deciso ancora non c’è niente. La decisione è stata rinviata al prossimo 29 maggio quando il consiglio federale tornerà a riunirsi. Salvini dal canto suo ha fatto capire di non volere una Lega marginalizzata “perché la prossima legislatura toccherà temi fondamentali per la sopravvivenza di intere filiere italiane ed europee: auto, agroalimentare, edilizia”. Ma il segretario pensa anche che, fermo restando l’idea di compattare il fronte di destra, la strada non sia per forza quella di inseguire i popolari, meno forti che in passato in tutti i principali paesi Ue.