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Servono immigrati per non far esplodere il debito pubblico: lo dice il Def del governo Meloni

Lorenzo Borga

Il modo migliore per ridurre il rapporto debito/pil è avere più stranieri regolarmente occupati: contrastare il calo delle nascite o puntare sulla crescita economica è meno efficace. La svolta della destra di governo certificata nel Documento di economia e finanza 

Il Def che non ti aspetti. Spesso nel Documento di economia e finanza trova finalmente spazio la realtà che la politica non vuole ammettere, ma con cui gli economisti del ministero dell’Economia sono costretti a fare i conti. Tuttavia la smentita che arriva dalla sezione II del Def per la narrazione del governo che quel rapporto lo ha scritto è da record.

Gli economisti del Mef stimano infatti che il modo migliore per ridurre il rapporto debito/pil nei prossimi anni, o per almeno tenerlo sotto controllo, sia aumentare il flusso di immigrati che arrivano e restano nel nostro paese. Non una novità in sé per sé – la stima era già contenuta nei Def degli anni scorsi – ma per questo governo che si è sempre detto di altra opinione. Un’“invasione pianificata”, una “sostituzione etnica” la definirebbe la Giorgia Meloni del 2016, quando ancora usava questi termini. Oggi invece il Def da lei firmato mette nero su bianco la dura verità: per non far esplodere il debito pubblico italiano abbiamo bisogno di immigrati in età da lavoro, visto che gli italiani fanno sempre meno figli. Nello “scenario A” previsto dai tecnici – che prevede pesanti e irrealistici avanzi primari del 2 per cento all’anno e una popolazione che inesorabilmente diventa sempre più vecchia e bisognosa di cure – il rapporto debito/pil raggiunge pericolosamente il 170 per cento attorno al 2055, per poi tornare a calare leggermente qualche anno dopo. Se l’immigrazione netta diminuisse di un terzo rispetto a oggi secondo il ministero dell’Economia il debito pubblico italiano doppierebbe il pil e supererebbe addirittura la soglia del 210 per cento entro il 2070. Un valore insostenibile agli occhi di oggi. Se al contrario gli arrivi di immigrati dovessero aumentare e gli espatri diminuire, il rapporto debito/pil rimarrebbe sui valori attuali, variando in un range tra il 130 e il 150 per cento. Un impatto rilevante, “data la struttura demografica degli immigrati che entrano in Italia, l’effetto è significativo sulla popolazione residente in età lavorativa e quindi sull’offerta di lavoro” scrivono al ministero.

L’impatto dell’immigrazione sui conti pubblici è ancora più sorprendente se guardiamo agli altri fattori che possono incidere sul debito presi in considerazione nel Documento di economia e finanza. Contrastare il calo delle nascite – evitando un ulteriore crollo del tasso di fertilità – inciderebbe solo per alcuni punti percentuali, ed esclusivamente a partire dal 2050 circa, dal momento che i bambini nati oggi entreranno nel mercato del lavoro e pagheranno tasse e contributi almeno tra un paio di decenni. Perfino puntare sulla crescita economica, favorendo la produttività di lavoro e capitali, secondo il Mef non riuscirebbe a raggiungere gli stessi risultati di un aumento del tasso di immigrazione. Raddoppiare la crescita media del pil degli ultimi vent’anni (purtroppo ci vuole poco, visto che è stata un misero +0,2 per cento annuo) garantirebbe risultati positivi ma leggermente inferiori sulla discesa del debito. E perfino attuare tutte le riforme strutturali promesse nel Pnrr non ci assicurerebbe lo stesso risultato.

La ragione è presto detta. L’arrivo di stranieri in Italia garantirebbe l’ingresso immediato di nuova forza lavoro, andando a occupare i molti posti vacanti nelle imprese, e dunque di gettito fiscale e contributivo per lo stato. A patto che ovviamente lavorino con un contratto regolare, una missione sempre più difficile se il governo confermerà l’abolizione della protezione speciale. Puntare solo sulle politiche di natalità, che rimangono comunque quanto mai necessarie, porterebbe ai primi risultati positivi solo tra 20 o 30 anni. Inoltre le famiglie di stranieri mediamente fanno più figli rispetto a quelle italiane: quasi due per ogni donna straniera, mentre il tasso di fecondità delle italiane si sta sempre più avvicinando a uno.

Eppure quando a sottolineare la necessità di attrarre più lavoratori dall’estero per pagare le pensioni degli italiani era l’ex presidente dell’Inps Tito Boeri, l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini lo aveva invitato caldamente ad andarsene dandogli del “fenomeno”.

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