L'intervista

Abodi: "Così cambio Sport e Salute, ma vedo troppe persone agitate"

Simone Canettieri

Il ministro dello Sport alle prese con il cda di Sport e Salute, società-cassaforte: "Troppe pressioni, voglio essere autonomo. Ma prima ne parlerò con Meloni"

“Vorrei sgomberare il campo da qualche equivoco”. Siamo qui per questo, ministro Andrea Abodi. “Qualcuno pensa più alla propria esposizione esterna che allo sport. Addirittura c’è chi mette in mezzo, senza motivo e sbagliando, il Quirinale. Bene, questo lo trovo eccessivo e poco rispettoso delle istituzioni. E’ come se io mi vantassi dei rapporti che ho con il presidente della Repubblica”. Dietro la collina delle nomine delle aziende di stato, c’è Sport e Salute: la cassaforte dello sport italiano, circa 360 milioni di euro di contributi  all’anno gestiti su un totale di 410. Una scatola magica: di potere, di relazioni, di consenso. Abodi, scelto personalmente da Giorgia Meloni per fare il ministro, si definisce da sempre un tecnico, di destra, ma un tecnico. Per via del suo passato da manager, per ultimo al Credito sportivo. Oggi, se non salterà di nuovo, in Consiglio dei ministri dovrebbe passare il decreto che spacchetta la società contesa: “E’ il mio obiettivo: riportare il consiglio  a cinque e poi creare la figura dell’amministratore delegato che sia diversa da quella del presidente”.  


Finora Sport e Salute è stato il regno di Vito Cozzoli, capo di gabinetto dei ministri del M5s Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli, poi nominato presidente e ad della società dal governo Conte II. Grand commis di stato con rubrica del telefono alla Gianni Minà. Meloni è davanti al classico tormentone, già visto per altre scelte nei mesi scorsi e tuttora in voga in queste ore per le cinque aziende pubbliche chiamate a rinnovare i cda: rinnegare o restaurare? Cambiare cioè i vecchi manager o confermare, per meriti o magari per un pizzico di pressioni, gli attuali vertici?

   

“Vedo intorno a me – riprende Abodi contattato dal Foglio mentre si trova in campo di calcio per seguire il torneo del figlio – molte persone che si agitano. E credo che questo non serva, anzi che sia controproducente. La politica dovrebbe essere rispettosa dello sport”. Ma le nomine sono politiche. “Eh, lo so. Io ho la mia idea e il mio schema in testa. Poi mi confronterò con il presidente del Consiglio. C’è ancora un po’ di tempo, prima di arrivare al nuovo cda. Intanto pensiamo alla riforma di Sport e Salute. Pensi che ci sono consiglieri di amministrazione in scadenza che si sono fatti fare un parere pro bono per rimanere in carica lo stesso, nonostante il cambio e l’allargamento. Da non credere. E comunque qualcosa cambierà, vedrete. A partire dalla parità di genere nel cda, per esempio”.

   

La faccenda non è secondaria. La destra al governo, salvo scossoni, accompagnerà l’Italia al più importante evento della sua storia recente: le Olimpiadi invernali di Milano e Cortina in programma nel 2026 in due regioni a guida leghista come Veneto e Lombardia. La nomina interessa – eccome – anche al Coni. E dunque a Giovanni Malagò, papa dello sport italiano, con affaccio sulla sua San Pietro: il Circolo canottieri Aniene. Il presidente del Coni e il ministro dello Sport vanno d’amore e d’accordo, al punto che si narra, ma bisogna fare la tara alla romana, di quotidiane colazioni insieme. Abodi reclama autonomia, perché dice che “nella sua vita ne ha viste tante, e che non si fa spaventare dalle pressioni”. Anzi, aggiunge che vuole “decidere nel nome dello sport, solo in quello”. E però da settimane, dalle sue parti, non si parla d’altro. Il ministro, punzecchiato dal Foglio, non si sbilancia sui nomi che  andranno a dirigere e a presiedere Sport e salute, società controllata anche dal ministero dell’Economia, e dunque dal leghista Giancarlo Giorgetti. “Vorrei fare un passo per volta, cercando di non sbagliare”. I nomi che girano nel frullatore sono tantissimi e messi in giro ad arte per essere bruciati. L’ultima indiscrezione porta all’avvocato Giorgio Fraccastoro, specializzato nel contenzioso amministrativo e nella consulenza stragiudiziale, già collaboratore della società contesa. Poi si è parlato di Francesco Zicchieri, deputato nella passata legislatura eletto con la Lega e poi finito con Italia viva.

 

L’unico su cui Abodi si permette di intervenire (“ho letto di questo nome, ma non sarà lui”). Si sa della candidatura di Giuseppe De Mita, figlio dello scomparso Ciriaco, una vita a cavallo fra lo sport (è stato addetto stampa della Lazio di Cragnotti e dopo dieci anni direttore generale del club, poi manager all’Avellino e alla società di procuratori Gea) e la comunicazione, visto che è tra i fondatori di Acme. Ora siede nel cda di Cinecittà spa. “E’ un nome valido”, dicono dal ministero. Dove nonostante tutto non cassano ancora la riconferma di Cozzoli, magari come presidente. Volteggiano nell’aria anche i nomi di Michele Uva, manager Uefa considerato vicino al Pd, e Riccardo Andriani, una vita a destra, iniziata con Pino Rauti. Abodi, come ne esce? “Farò la sintesi migliore per lo sport, al di là di chi si agita, e prima certo ne parlerò con Giorgia”. Dentro FdI sono in molti a sfogarsi: “Il ministro non ci risponde nemmeno al telefono”.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.