Foto di Cecilia Fabiano, via LaPresse 

la nuova segreteria dem

Un bolivarista per Elly. Schlein offre a Provenzano la delega agli Esteri del Pd

Valerio Valentini

Con la nuova segreteria si apre la stagione di una nuova diplomazia nel Nazareno. "Il vicesegretario dei due mondi" non è più vice e va al posto di Alfieri (che ha curato la campagna di Bonaccini)

Andrea Orlando, che un po’ l’ha svezzato prima di lasciare che prendesse la sua strada – i capicorrente, nel Pd, sono come i maestri di Giorgio Pasquali: vanno mangiati in salmì – tempo fa, seguendone a distanza le scorribande in Sudamerica, ebbe a definirlo “il vicesegretario dei due mondi”. E avrebbe potuto continuare a esserlo, Peppe Provenzano: il vice di Elly Schlein. Sennonché lui, che la carica di secondo l’ha già ricoperta con Enrico Letta, cercava altro.

E siccome la promozione prospettata – quella a capogruppo alla Camera – alla fine è abortita, lui s’è tirato indietro. “Non sgomito, posso dare una mano anche senza incarichi”. Ma Schlein lo vuole. E così, scartate le deleghe economiche (che resteranno, pare, ad Antonio Misiani), Provenzano ha ottenuto un’offerta dalla segretaria: responsabile Esteri. Scelta non indolore, se è vero che ha reso necessaria una scortesia nei confronti di Alessandro Alfieri, che ha curato la campagna di Bonaccini e che aveva poi però promosso una linea dialogante, appunto confidando in un ruolo di peso in segreteria.

Schlein, al dunque, ha detto no. Per Alfieri è stata ventilata una proposta come titolare delle politiche europee. Lui si è detto indisponibile: “Non sono un uomo per tutte le stagioni”. E così, alla guida della diplomazia del Nazareno, arriva Provenzano. Il quale certo, ha un concetto di atlantismo meno granitico di Alfieri, e però non ha mai scantonato, va detto, sul più delicato dei fronti geopolitici attuali: quello della guerra in Ucraina, su cui ha sempre ribadito la necessità di sostenere senza indugi la resistenza di Zelensky.

Semmai, a caratterizzare la bussola strategica di Provenzano, è una certa passione per il bolivarismo 2.0, la sua netta presa di posizione a favore del progressismo latino americano. A maggio scorso volò prima in Brasile, a celebrare l’amico Lula; poi in Argentina e Cile, per omaggiare Gabriel Boric. Il quale, oggi, dopo il tonfo nel referendum costituzionale, se la passa male assai, come pure l’altro eroe del progressismo sudamericano, quel Gustavo Petro, presidente colombiano, il cui figlio è finito coinvolto in una storiaccia di droga, Narcos e corruzione. Provenzano invece resiste, e anzi rilancia. Adelante, compagno Peppe!

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.