Il caso

Tentennare per unire. La corrente di Letta per puntellare il Pd di Schlein

Gianluca De Rosa

Ecco i neoulivisti che hanno salvato la segretaria dalla conta sui capogruppo. Con loro l'ex segretario può svolgere il ruolo di ago della bilancia dentro i gruppi parlamentari dem

Una corrente per stroncare il peso delle correnti. Un paradosso, meglio ancora un’ambiguità lettiana, nel senso dell’ex presidente ed ex segretario del Pd Enrico Letta. Un vaccino politico insomma (d’altronde è stato proprio l’ex segretario a voler candidare il microbiologo Andrea Crisanti tra le fila dem) da dosare bene per evitare pericolosi effetti collaterali. Loro si sono autoappellati neoulivisti. Sono i parlamentari vicini all’ex segretario che sabato hanno disertato la riunione via Zoom convocata da Stefano Bonaccini con gli eletti alle Camere che hanno sostenuto la  mozione del governatore emiliano al congresso dem.  L’assenza, dicono loro: “Non era contro Stefano”, puntava semmai a fermare “il tentativo di andare a un muro contro muro con Schlein al quale un pezzo di Base riformista voleva costringerlo”. 


In fondo neoulivisti vuol dire prodiani, lettiani, sicuramente unitari. Contro ogni strappo dunque, come quello che, invece, una parte consistente dei deputati e senatori che hanno sostenuto il governatore  aveva minacciato. “Se la segretaria forza sui capogruppo imponendo due nomi senza nemmeno discutere allora si va alla conta e addio segreteria unitaria”, dicevano questi riottosi, sottolineando il maggior peso numerico nei gruppi parlamentari dei supporter di Bonaccini rispetto a quelli della segretaria. Non avevano fatto i conti con i 24 parlamentari, più di un quinto dei gruppi dem, che hanno disertato. Con le brigate Ulivo per l’unità del partito. Dal coordinatore della segretaria Letta Marco Meloni ad Anna Ascani, Enrico Borghi, Matteo Mauri e Mauro Berrutto, solo per citarne alcuni. “D’altronde – maligna un senatore dem – le liste elettorali le ha pur sempre fatte Enrico, tanti eletti sono legati a lui”.  Di certo il manipolo è consistente e consente all’ex segretario  di avere un ruolo da ago della bilancia. Se da un lato a rimanere fregati ci sono gli ex renziani che preparavano la battaglia e adesso glissano sulle minacce naufragate dicendo: “Bonaccini ha detto che Schlein è disposta a discutere tutto insieme, segreteria compresa”. Dall’altro ecco gli esponenti vicini ad Andrea Orlando, Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini, supporter riluttanti (e in ritardo) di Schlein che adesso, in caso di segreteria unitaria, rischiano di trovarsi con una torta da spartire anche con la minoranza del partito. Merito dei neoulivisti e di Letta.

 

E d’altronde la storia recente dell’ex segretario dem (non sempre a lieto fine) è  questa: tentennare per unire. Fu così prima delle elezioni di settembre. Un giorno si tratta con Calenda, con tanto di baci e abbracci. Il giorno dopo si va a cercare  Nicola Fratoianni. Un momento si rivendica l’agenda Draghi, il successivo una svolta contro le diseguaglianze non affrontate.   Discorso analogo per il congresso Pd. I lettiani hanno sostenuto Bonaccini, ma l’ex segretario è stato massimo profeta dell’avvento di Schlein. A parole: “Chissà che il prossimo segretario non sia una segretaria”, disse più volte nei mesi che hanno anticipato il congresso (quando ancora nessuna candidatura era in campo). E nei fatti, con l’ossessione di cancellare le correnti aprendo il partito all’esterno, fino alla conquista del partito da parte di una donna che del Pd non aveva neppure la tessera. E così anche adesso i lettiani rimangono con Bonaccini, in minoranza, ma danno una mano a Schlein, evitando la rottura e garantendo l’ambizioso obiettivo di una segreteria unitaria. Con una maggioranza, una minoranza, ma senza opposizioni interne. Questa volta Letta ce l’ha fatta.

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