La presidente del Conislgio Giorgia Meloni con la ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone (foto LaPresse) 

nuovi e vecchi sussidi

In fuga da Mia. La prima bozza della Misura di inclusione attiva sorprende anche il ministero del Lavoro

Domenico Di Sanzo

Da via Veneto dicono: "Non sapevamo nulla di un documento così dettagliato" del sussidio che dovrebbe rimpiazzare il Reddito di cittadinanza. E c'è chi nel governo inizia a prendere le distanza. Chi ha fatto uscire i dettagli?

È il ritorno della “manina” gialloverde, che si ripropone con il governo di Giorgia Meloni. La catena di comando politica del Ministero del Lavoro tira in ballo funzionari anonimi, grigi burocrati che si divertono a passare le carte ai giornalisti. Parliamo della bozza del Mia, la Misura di inclusione attiva, il sussidio che dovrebbe rimpiazzare il Reddito di cittadinanza, un’altra misura della stramba stagione dell’alleanza tra Lega e M5s.

   

Mentre le agenzie di stampa battono la notizia di un documento in dodici articoli, con tanto di numeri, risparmio per le casse dello Stato, coperture, i vertici del dicastero di Via Veneto cadono inspiegabilmente dalle nuvole. È uno dei temi del giorno, ma i big del ministero del Lavoro non ne sanno nulla. Incredibile, eppure vero. Almeno stando a sentire una fonte ministeriale di alto livello. Ma chi ha fatto uscire la bozza? E perché? Ecco la risposta. “Boh, noi non sapevamo nulla di un documento del Mia così dettagliato, probabilmente la cosa è stata passata ai giornalisti dagli uffici che si sono occupati della parte tecnica, anche perché il lato politico non era a conoscenza di alcuni dettagli della bozza, come il risparmio di due o tre miliardi di euro rispetto al Reddito di cittadinanza”. Ignoti i motivi della fuga di notizie. Uno spaccato a metà tra la manina di Luigi Di Maio e le bozze dei Dpcm di Giuseppe Conte durante i momenti più difficili della pandemia da Covid 19. Un piccolo giallo. Grasse risate a Via Veneto.

    

“Non sappiamo perché abbiano voluto girare la cosa ai giornalisti, forse per aprire un dibattito sulla riforma del Reddito di Cittadinanza”. Intanto il ministero guidato da Marina Calderone è costretto a diramare una nota ufficiale, nel pomeriggio, in cui si fa marcia indietro. La bozza arrivata alle agenzie “è un primo draft dell’intervento normativo”.  Quindi non va considerata come “valido testo di riferimento per la riforma”.

 

Una marcia indietro che, forse, è una toppa peggiore del buco. Ma da Via Veneto precisano che è stata la stessa ministra a insistere per diffondere il comunicato, con il rischio di dare l’impressione di un ministero che smentisce se stesso. L’episodio, come dicevamo, ha anche aspetti piuttosto divertenti. Infatti nei corridoi del dicastero del Lavoro non tutti, nemmeno ai piani alti, sapevano che il nuovo sussidio si dovesse chiamare Mia. Anzi, qualcuno pensava che il nome sarebbe stato uguale a quello del provvedimento varato dal Pd nel 2018: Rei, ovvero Reddito di inclusione. In ogni caso, anche la sigla è stata una fuga in avanti. E di bozze ce ne sarebbero più di una. “Credo che ci sia anche un testo più recente e diverso rispetto a quello che è uscito”, continua la fonte del Foglio, in un misto tra sarcasmo e amara presa d’atto della falla nella comunicazione.

    

Momenti di isteria anche a Via XX Settembre, sede del ministero dell’Economia e delle Finanze. A Federico Freni, viceministro leghista del Mef, scappa la frizione lunedì mattina ad Agorà, su Rai Tre. Uno dei vice di Giancarlo Giorgetti rivendica precocemente il Mia: “Così passeremo dai sussidi alle politiche attive del lavoro”. Il viceministro di Fdi Maurizio Leo, occhio di Meloni a Via XX Settembre, la pensa diversamente. Parte il dietrofront. “Non c’è nessuna bozza di riforma del Reddito di cittadinanza all’esame degli uffici”, fanno sapere dal Mef. Si attende il parere di Palazzo Chigi. Dopo la fuga di notizie è partita la corsa a fuggire dal Mia.