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Il retroscena

Meloni sola sulla guerra. Anche in FdI è un argomento delicato: "Evitare le dichiarazioni"

Simone Canettieri

La premier è preoccupata dall'opinione pubblica e dai talk. Critiche anche sui social. Ma la linea non cambia: "Non siamo alberi al vento, avanti con Kyiv"

“Non siamo alberi, non dobbiamo piegarci a seconda di come gira il vento”. Giorgia Meloni lo ha ripetuto anche in queste ultime ore, prima di partire per l’India. E’ la linea che ha lasciato ai suoi e che forse ha ripetuto a sé stessa per darsi forza. La premier più passa il tempo e più si rende conto di essere sola sull’Ucraina. Le posizione di Lega e Forza Italia sono ormai note. I continui distinguo e silenzi degli alleati, quando non si trasformano in assist per Putin, sono agli atti. Anche i talk, in Rai e Mediaset e La7, accarezzano quella parte di opinione pubblica, che sembra maggioritaria, sempre più scettica sull’invio incondizionato di armi a Kyiv.

E poi il corpaccione del partito, cioè di Fratelli d’Italia, inizia a essere in affanno a seguire la linea di fermezza della leader sulla guerra. I parlamentari semplici, quelli che vivono in una bolla fatta di dichiarazioni alle tv e post sui social, da tempo si sfogano in Transatlantico con argomenti di questo tipo: “Ho scritto una cosa su Facebook sulla guerra e subito sono stato travolto dalle critiche sulla mia pagina”.

L’intendenza di FdI segue la linea di Meloni ma qua e là, seppur soffocati, iniziano a esserci piccoli malumori. Vuoi perché la geopolitica è materia assai più complessa dell’abolizione del Reddito di cittadinanza, vuoi perché alla fine il sovranismo alla vecchia maniera imporrebbe di occuparsi dei poveri e dei bambini di casa nostra, invece che delle legittime battaglie per la libertà del popolo ucraino nel nome dell’occidente libero. Meloni ha chiare queste dinamiche. E anche le posizioni critiche di importanti intellettuali d’area che in privato le avanzano dubbi. 


“Ma io vado avanti”.  Tuttavia il rovello c’è a Palazzo Chigi. Ecco perché per esempio la comunicazione del partito consiglia ai parlamentari di evitare al massimo le uscite pubbliche (e sui social) su questo tema. In tv vanno solo i fedelissimi, coloro i quali conoscono a memoria gli argomenti della “capa” da contrapporre a chi storce il naso sulle armi, a chi è scettico sulla fine della guerra, a chi si domanda: ma quanto ci costa questo sostegno a Zelensky? Non è un caso che Meloni abbia inaugurato la striscia di Bruno Vespa in Rai  prendendo di petto questi argomenti: “Non ci sono spese per gli italiani, stiamo fornendo armi all’Ucraina che fortunatamente non usiamo”.

Sembrano parole scontate per una presidente del Consiglio che sulla collocazione euroatlantica ha scommesso tutto. Ma allo stesso tempo tradiscono una certa solitudine che, più passa il tempo, più si arricchisce di cerchi concentrici. Gli alleati, il partito timido e in rincorsa, mondo culturale di FdI scettico. Certo, pubblicamente non si mostrano cedimenti alla causa di Kyiv. E lo dimostra la convinzione con la quale la delegazione di Fratelli d’Italia è andata a manifestare il giorno dell’anniversario dell’invasione russa davanti all’ambasciata ucraina in segno di solidarietà. C’erano in quell’occasione i componenti delle commissioni Esteri e Difesa. Tutti convinti del giusto posizionamento del partito. Giulio Tremonti, per esempio, in quell’occasione davanti alle perplessità che circolano nell’aria se n’è uscito con una battuta: “Il problema sta nella domanda. L’opinione pubblica sta con la pace o con Putin? Dipende da come la si interroga, non credete?”. E questo è il ragionamento che i fedelissimi della premier usano per darsi forza e per contrastare quello che ormai è un muro di sopraccigli inarcati in quasi tutte le tv quando si parla di costi e benefici della guerra, e poco importa che sia alle porte dell’Europa. “I sondaggi e i risultati delle elezioni ci danno ragione, quindi significa che la strada è quella giusta”, ripete sempre con maggiore forza Francesco Lollobrigida, ministro della real casa e volto da mandare in tv quando la situazione inizia a essere davvero complicata (vedi le uscite del Cav. su Zelensky e su Putin).  

“Il nostro popolo ci ha capito, all’inizio era disorientato sulla nostra scelta a sostegno dell’America, ma poi l’argomento è andato scemando. Per esempio alle ultime regionali, nessuno si è alzato a farmi domande sulla guerra, mentre invece alle ultime politiche c’era chi mi chiedeva”, confida Paolo Trancassini, altro meloniano doc oltre che segretario regionale del partito nel Lazio. “Dobbiamo dividere il mondo dei social da quello reale: quando vado in televisione e ho modo di spiegare la nostra posizione non fatico a farmi comprendere. Poi certo, c’è sempre quello che su Faebook polemizza sulle armi, ma poco importa”, aggiunge Chiara Colosimo, altro volto tv onnipresente in tutti i talk. Insomma, Meloni è convinta di stare dalle parte giusta della storia e poco importa se per una volta inizia a scollarsi dall’idem sentire della gente. Chi le cura l’immagine sui social network ha notato una marea di commenti negativi, superiori a quelli positivi, sulla guerra. Tuttavia questa dinamica non cambia di una virgola la linea della premier. Che però inizia a sentirsi sempre più sola su questo argomento, viste anche le posizioni sempre più frastagliate che animano anche l’opposizione. Ecco perché vuole usare quella che potrebbe sembrare una debolezza in forza: il prossimo 22 marzo quando riferirà alle Camere sul Consiglio europeo è pronta a stanare il nuovo corso del Pd con un documento che ribadisca la posizione dell’Italia sull’Ucraina. Prima almeno aveva Enrico Letta, adesso manco più lui.
      

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.