il voto alla camera

Meloni non coglie il "momentum Nordio", e s'incarta sul Csm. Salvini gongola

Valerio Valentini

Il ministro della Giustizia apprezzatissimo dal Terzo Polo e dal Cav., che di lui dice: "Il meglio che potessimo sperare". Ma FdI cede alle sirene manettare del M5s, si spacca su Valentino e rischia di regalare al candidato leghista Pinelli la vicepresidenza del Csm. "La premier ha voluto umiliarci, ora raccoglie quel che ha seminato", sbuffano in Forza Italia

A ora di pranzo, c’è chi lo rincorre alla buvette: “Ministro, sul Csm si rischia un nuovo pasticcio”. Al che Carlo Nordio allarga le braccia: “Spero fili tutto liscio, visto che già ne abbiamo viste troppe”. Eccolo, in uno sbuffo d’insofferenza, l’imbarazzo del Guardasigilli. Che poi, a ben vedere, fotografa l’inadeguatezza altrui, cioè della sua stessa maggioranza e un po’ di tutto il Parlamento, nel cogliere il senso di una svolta. “Per noi è stato impeccabile, ma i colleghi di Fratelli d’Italia li ho visti un po’ tiepidi”, scherza il capogruppo azzurro Alessandro Cattaneo. Ma scherza fino a un certo punto, se è vero che il Cav., nei suoi colloqui riservati di queste ore, ha detto che “neanche se avessimo dovuto sceglierlo noi, avremmo saputo trovare un campione del garantismo che esprime esattamente i nostri valori”.  Il renziano Roberto Giachetti la contraddizione l’ha illuminata bene: “Se davvero FdI crede nella presunzione d’innocenza, allora perché, inseguendo la cagnara manettara del M5s, ha ritirato Giuseppe Valentino?”. Notazione da girare a Francesco Lollobrigida. “Ma in verità si è ritirato lui stesso, per evitare strumentalizzazioni”, si giustifica, sforzando di crederci, il capodelegazione meloniano del governo. 

E sì che Valentino, a chi lo ha contattato, ha confessato tutto il suo rammarico per “il trattamento ricevuto”. Aveva confidato, lui, nelle garanzie offertegli da Ignazio La Russa. E non da oggi. La notte del trionfo di Giorgia Meloni, il presidente della Fondazione Alleanza Nazionale, arrivò all’Hotel Parco dei Principi con le lacrime agli occhi: “E’ il momento che aspettavamo da una vita”. A chi gli ha telefonato per esprimergli rammarico (e sono stati in parecchi, anche da FdI), ha lasciato addirittura intendere che uomini della sua parte avrebbero ben volentieri approfittato delle polemiche aizzate dal M5s per impallinarlo. E d’altronde, che una certa contrarietà a quella scelta voluta da La Russa – che infatti ora dice: “Uno come Valentino non lo si tratta così” – fosse diffusa, nel centrodestra, lo conferma a modo suo anche il salviniano Stefano Candiani: “Con tutti i costituzionalisti irreprensibili che ci sono su piazza, davvero non si poteva trovarne uno inattaccabile?”. Insomma, "una questione di opportunità"

E ora? Felice Giuffrè, l’avvocato chiamato a rimpiazzare Valentino e appena promosso dal Parlamento, appare un candidato debole per puntare alla vicepresidenza del Csm. “E così rischiamo di giocarci, proprio ora che siamo al governo, la possibilità di sottrarre al centrosinistra quella postazione”, si lamentano in FI. Perché è vero che, tra i togati, i centristi di Unicost vanno proverbialmente “dove c’è la maggioranza”: ma in questo caso la maggioranza rischia di restare in bilico. Un profilo autorevole, moderato, avrebbe di certo chiuso la partita. Ma né Giuffrè, né le altre due designate da FdI, quel profilo lo incarnano. Né altrove, del resto, s’è approfittato dell’inciampo del centrodestra. Il Pd ha scelto quel Roberto Romboli, giurista di fama ma espressione di una sinistra tutt’altro che garantista; Matteo Renzi ha puntato sulla fedeltà di Ernesto Carbone, più che sulla scommessa di poter fare un colpaccio. E insomma, alla fine, nel Csm dell’èra Nordio, potrebbe spuntarla proprio un veneto: e cioè il penalista Fabio Pinelli voluto dalla Lega ma uomo trasversale, benvoluto da Niccolò Ghedini, a suo tempo, e apprezzato da Luciano Violante. Una sconfitta, per Meloni. “Del resto – sospira un ministro azzurro – lei ha voluto umiliare FI scegliendosi quattro candidati, poi ha fatto un pastrocchio, e ora raccoglie quel che ha seminato”.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.