Foto di Giuseppe Lami, via Ansa 

Editoriali

Il pastrocchio del governo prepara una nuova stagione di scontri con le ong

Redazione

Il Codice di (non) condotta. Scelte governative che non varranno di fronte alle leggi internazionali. E che costringerebbero a violare della legge del mare. Il piano di Piantedosi punta solo a non rendere più sostenibile l'attività delle navi di salvataggio

Con il poco rassicurante intento di regolamentare ciò che lo è già, entra nel vivo la campagna del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, contro le ong. Una sezione del nuovo decreto “Sicurezza”, sottoposto ieri al tavolo tecnico degli uffici legislativi del governo, è dedicata al codice di condotta per i salvataggi in mare. Un codice che si ispira a quello redatto ai tempi di Minniti, ma stavolta dagli effetti ancora più penalizzanti per le attività di soccorso compiute dalle navi umanitarie.

 

Nella bozza del decreto, tra le misure più stringenti c’è quella che obbliga le ong a portare a termine un solo intervento sar alla volta, per di più senza la possibilità di effettuare trasbordi di naufraghi tra le navi. Significa che basterebbe il salvataggio di una sola persona a costringere la nave ong a rientrare subito in porto, ignorando altri eventuali Sos, dopo avere avvisato la Guardia costiera.

 

L’obiettivo del governo è di rendere non più sostenibile per le ong svolgere attività di salvataggio in mare, costringendole a enormi esborsi economici per operazioni dall’impatto umanitario estremamente ridotto. Il tutto violando – ma ormai non fa più notizia – la legge del mare, che non prevede limiti numerici alle operazioni sar consecutive che un’imbarcazione – sia essa ong, mercantile, militare o altro – può condurre una volta ricevuto un Sos.

 

Resta infine da vedere perché le ong dovrebbero sentirsi obbligate a rispettare un codice di condotta imposto per decreto quando basterà loro invocare una qualsiasi convenzione internazionale per legittimare le loro operazioni di salvataggio. Ma se da una parte il governo delegittima le ong, dall’altra – per assurdo – obbliga i loro operatori a bordo a informare i naufraghi della possibilità di chiedere asilo, attivando così la procedura per la ricollocazione. Generando un cortocircuito in cui il soccorritore di una ong diventa un pubblico ufficiale alla stregua di un operatore della prefettura. Lungi dal disciplinare alcunché, il nuovo Codice promette solamente una nuova, interminabile stagione di braccio di ferro con le navi ong.

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