Grünen contro Verdi, l'enorme e costosa differenza tra Habeck e Bonelli

Luciano Capone

Nucleare, rigassificatori, carbone, politica estera e sostegno militare all'Ucraina. Putin ha mostrato la radicale differenza tra l'ambientalismo tedesco e quello italiano: uno pragmatico e di governo, l’altro dogmatico e di opposizione 

Nei giorni scorsi l’Handelsblatt ha nominato “Politico dell’anno” il ministro dell’Economia e la Protezione del clima Robert Habeck definendolo “il Pragmatico della crisi”: “Apertura, integrità, empatia, ascolto con una mente aperta, duro lavoro e affidabilità nella qualità della stretta di mano: queste sono le caratteristiche con cui Robert Habeck si è guadagnato la reputazione di onesto mediatore di tutti gli interessi e di pragmatico gestore di crisi e ha ottenuto risultati notevoli”, dice il quotidiano finanziario tedesco, evidenziando come Habeck abbia superato alcune convinzioni personali “per il bene del paese”. La scelta della giuria – composta da giornalisti ed esponenti dell’industria e della finanza – è per certi versi singolare, dato che Habeck è il leader dei Grünen, i Verdi tedeschi, un partito che tradizionalmente non è ben visto dal mondo del business.

 

Ma se per la Germania è una scelta singolare, per l’Italia sarebbe impensabile. Angelo Bonelli “Politico dell’anno” secondo il Sole 24 Ore è qualcosa di inconcepibile non solo perché i Verdi italiani difficilmente andranno al governo e, soprattutto, in ruoli di grande responsabilità, ma perché Grünen ed Europa Verde sono due partiti radicalmente diversi: uno pragmatico e di governo, l’altro dogmatico e di opposizione. E l’invasione russa dell’Ucraina, con la conseguente crisi energetica, ha mostrato e amplificato questa divergenza. Benché i Verdi italiani dicano di ispirarsi ai Grünen e citino di continuo i cugini tedeschi come modello da seguire, in realtà hanno assunto un atteggiamento diametralmente opposto sulle principali questioni che in questa crisi si sono presentate allo stesso modo in Italia e in Germania: aiuti militari all’Ucraina, nucleare, ricorso al carbone, rigassificatori, trivellazioni.

 

Di fronte alla grave crisi energetica, sebbene uno storico e fondamentale punto del programma dei Verdi tedeschi fosse la dismissione del nucleare civile entro il 2022, Habeck facendo violenza sulle sue stesse convinzioni ha alla fine ceduto di fronte al rischio di razionamenti energetici e ha prolungato la vita di due delle tre centrali nucleari ancora attive in Germania. Se in Italia Europa Verde, che si è presentata in un cartello con Sinistra italiana (l’equivalente della Linke), ha fatto una campagna elettorale ostinatamente contraria al rigassificatore di Piombino, necessario per consentire all’Italia di sostituire il gas dalla Russia, i Verdi al governo in Germania hanno realizzato un imponente piano di installazione di rigassificatori accelerando, con una legge voluta da Habeck, le procedure per la realizzazione degli impianti anche bypassando le valutazioni di impatto ambientale. 

 

Così mentre a Piombino si discuteva ancora di proteste Nimby e ricorsi al Tar, il 17 dicembre Habeck era nel porto di Wilhelmshaven con il cancelliere Olaf Scholz a inaugurare il primo nuovo rigassificatore galleggiante installato in tempi record (dieci mesi). Nei prossimi giorni, prima della fine dell’anno, dovrebbe entrare in funzione anche il secondo rigassificatore galleggiante, quello di Lubmin. Mentre il terzo, quello di Brunsbüttel, dovrebbe essere completato a gennaio. Oltre a quelli galleggianti, sono previsti tre grandi rigassificatori onshore tra il 2025 e il 2026 che dovrebbero garantire alla Germania ulteriore capacità di diversificazione e autonomia dalla Russia.

 

A differenza dell’approccio assolutistico dell’ecologismo italiano, incarnato sia dai Verdi sia dal M5s, Habeck si è dovuto confrontare con il “trilemma dell’energia” che consiste nel dover bilanciare sostenibilità ambientale, costo dell’energia e sicurezza energetica. E inevitabilmente l’aggressione di Putin ha posto una minaccia all’Europa, sia dal punto di vista della sicurezza energetica sia dei costi, che ha spinto in maniera pragmatica i Verdi tedeschi a rivedere i propri piani. Per questa ragione Habeck è volato a Doha, a firmare un contratto con il Qatar per una fornitura per 15 anni di gas naturale liquefatto (quello che verrà lavorato dai rigassificatori): un viaggio che sarebbe stato inimmaginabile un anno fa. Nel frattempo, in Italia gli ambientalisti protestavano per accordi analoghi siglati dal governo Draghi con l’Algeria.

 

Allo stesso modo, Bonelli contestava la decisione italiana di riattivare le centrali a carbone e a olio combustibile per sostituire il gas. Che era esattamente ciò che ha fatto Habeck in Germania, con decisioni come l’autorizzazione a estrarre più carbone nel villaggio di Lützerath, che era diventato un luogo simbolo della lotta alle fonti fossili, suscitando forti reazioni da parte dei movimenti ecologisti. Mentre gli ambientalisti italiani si oppongono alle trivellazioni, in Germania sono stati sbloccati insieme all’Olanda progetti di estrazione di gas nel Mare del nord.

 

Al fondo delle decisioni di politica energetica c’è una radicale differenza sulla politica estera e sull’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia. In Italia i Verdi, ad esempio, hanno votato contro l’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia e sono fortemente contrari all’invio di armi all’Ucraina. In Germania il ministro degli Esteri Annalena Baerbock, co-leader dei Verdi con Habeck, oltre ad aver sostenuto l'ingresso di Svezia e Finalndia nell'Alleanza atlantica è stata con decisione favorevole al sostengo militare all’Ucraina, vincendo anche le iniziali titubanze di Scholz e della Spd. Habeck, di ritorno da un viaggio a Kyiv, invocava l’invio di armi difensive all’Ucraina addirittura nel maggio 2021, quasi un anno prima dell’invasione totale decisa da Putin.

 

Alcune scelte pragmatiche o contraddittorie per un partito ambientalista e pacifista, come il ricorso al carbone e alle armi, dipendono dalla consapevolezza della minaccia che un regime autocratico e fondato sugli idrocarburi come la Russia di Putin pone all’economia e alle istituzioni liberaldemocratiche europee. Su questo i Grünen hanno da sempre una visione diversa dalla sinistra tradizionale della Spd (non a caso il verde Joschka Fischer era stato arruolato per il gasdotto “antirusso” Nabucco mentre Gerhard Schröder era stato ingaggiato da Gazprom per il Nord Stream 2).

 

Habeck e i Verdi tedeschi non hanno rinunciato ai propri ideali, hanno riordinato il loro programma in base a nuove priorità e alle conseguenze delle proprie scelte. Siamo insomma nei paraggi della distinzione weberiana tra etica della responsabilità ed etica della convinzione, tra ciò che distingue l’uomo politico “dal mero dilettante che si agita in modo sterile”. A noi sono capitati i Verdi del secondo tipo.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali