Foto di Alessandro Di Marco, via Ansa 

Editoriali

I parlamentari, anche del M5s, propongono una deroga per se stessi al dl Dignità

Redazione

I gruppi in Parlamento e nei consigli regionali si autoescludono dalla norma introdotta da Giuseppe Conte. Il decreto funzionerà però per tutti gli altri dipendenti. Si spera che presto il "privilegio" venga esteso

Per il momento si tratterebbe di un privilegio, che però mette d’accordo tutto l’arco parlamentare. È un emendamento alla legge di Bilancio per la “Deroga alla disciplina dei contratti a tempo determinato” che, sul tema delle proroghe dei contratti a termine, sancisce: “I limiti previsti dal presente articolo non si applicano altresì ai rapporti di lavoro a tempo determinato dei dipendenti dei gruppi parlamentari e dei gruppi consiliari costituiti, rispettivamente, presso il Parlamento nazionale e presso i consigli regionali e i consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano”. E per giunta sancisce una sorta di retroattività dicendo che “le disposizioni di cui al presente articolo possono trovare applicazione ai contratti già in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, previo accordo tra lavoratore e datore di lavoro”.

 

Si tratta, in sostanza, dell’abolizione del decreto Dignità, ma solo per i dipendenti dei gruppi parlamentari. La norma, introdotta dal governo Conte, prevede infatti un limite di 12 mesi per un contratto a termine, con al massimo una solo proroga di altri 12 mesi, solo però sotto stringenti condizioni straordinarie. La famosa “causale”. L’emendamento prevede che tale disposizione non si applichi ai dipendenti dei gruppi parlamentari e di quelli consiliari delle regioni.

 

A firmarlo i capigruppo di tutte le principali forze politiche, incluso il M5s con Francesco Silvestri. Il decreto Dignità aveva l’obiettivo di combattere il precariato, ma è stato contestato dal mondo delle imprese per l’eccessiva rigidità che in molti casi ha favorito la rotazione continua dei dipendenti anziché la loro stabilizzazione. È ciò di cui evidentemente si sono resi conto i partiti, incluso quello di Giuseppe Conte, nella posizione di datori di lavoro rispetto alla contrattualizzazione dei dipendenti dei propri gruppi parlamentari. La speranza è che presto questo “privilegio” venga esteso, come diritto, a tutte le altre imprese del paese che si trovano nelle stesse condizioni.

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