Foto di Di Meo, via Ansa 

Editoriali

Contro la manovra Meloni i dem ricorrono alla piazza invocando il deficit

Redazione

L’opposizione del Pd alla legge di Bilancio è difficilmente comprensibile, al contrario di quella del M5s, perché arriva da un partito che fino a qualche settimana fa sventolava il vessillo draghiano

La sensazione è che le opposizioni aspettassero l’approvazione e la presentazione della legge di Bilancio solo per poter annunciare la mobilitazione. Lo dimostrano i tempi di reazione. Giorgia Meloni non aveva ancora terminato la conferenza stampa quando Enrico Letta ha annunciato per sabato 17 dicembre “la nostra manifestazione contro una manovra improvvisata e iniqua. Inadeguata rispetto al rischio recessione e all’impennata dell’inflazione. Lo avevamo anticipato nella nostra Assemblea di sabato”.

 

Dello stesso tenore le critiche di Giuseppe Conte che ha parlato di una legge di Bilancio “davvero misera” e che “apre una guerra agli ultimi”, mettendo in continuità “la prudenza draghiana” con “l’austerity meloniana”. E proprio qui c’è il paradosso. Perché se è comprensibile la posizione del M5s, che difende il Rdc e vede continuità tra Draghi e Meloni riproponendo come soluzione il mantra dello scostamento, più incomprensibile è la posizione del Pd.

 

Cosa contesta il partito che fino a qualche settimana fa sventolava il vessillo draghiano, ritenendosi il principale interprete di quella linea? Certo, il Pd critica alcune norme specifiche, dall’aumento del tetto del contante fino alle cosiddette “tregua fiscale” e “flat tax”, ma si tratta di spiccioli della manovra. La contestazione principale è alla fiscal stance: i 21 miliardi sul caro energia sono pochi; il taglio delle accise sui carburanti, sebbene vada pochissimo ai poveri, non deve essere ridotto; il Superbonus, di cui beneficiano soprattutto i ricchi, non deve essere ridotto; il taglio del cuneo fiscale è troppo poco, va rafforzato; sulle pensioni servono aumenti maggiori; il RdC non va toccato: e poi maggiori aiuti a famiglie e imprese per la crisi energetica e più investimenti per sanità, scuola e trasporti. Altro che Draghi, un elenco della spesa pari a qualche punto di deficit che neppure Conte ha osato proporre. È una posizione che magari riavvicinerà il Pd in piazza, ma che farà apparire Meloni più responsabile.