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l'intervista

Stefano Bonaccini ci spiega il Pd che ha in mente

Claudio Cerasa

Proteggere il futuro, costruire un’alternativa, diventare “il partito dei lavori” e uscire dalla logica del governare contro. Leadership, tabù e identità. Il presidente dell'Emilia-Romagna contro la socialconfusione

Non vuole un partito costruito per essere solo contro qualcosa o solo contro qualcuno. Non vuole un partito costruito per essere solo un amalgama non riuscito di correnti in lotta fratricida. Non vuole un partito costruito per essere solo la replica stanca di esperienze passate. Non vuole un partito che cada rapidamente nell’errore di combattere la ricchezza per combattere la povertà. Non vuole un partito socialconfuso che si faccia portare via, dalla destra, le battaglie per la protezione degli italiani, che spesso sono battaglie incompatibili con le battaglie a difesa del protezionismo. E soprattutto non vuole un partito che cada nell’errore di attaccare i propri avversari su temi che non esistono, come il fascismo, e non vuole che il partito che proverà a guidare, quando sarà, usi la stessa tecnica utilizzata dagli avversari per governare l’Italia, ovvero sfuggire costantemente da un binario chiamato realtà.

 

Non vuole questo, Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, pronto a candidarsi alla guida del Partito democratico, lo farà un attimo dopo la convocazione delle primarie, la cui data, il 19 febbraio, verrà ufficializzata oggi all’assemblea nazionale del Pd, e a poche ore dalla sua discesa in campo nazionale il governatore è qui, di fronte a noi, in uno splendido angolo della biblioteca Salaborsa a Bologna, a ragionare sul Pd che sarà, dialogando con chi scrive nel corso della presentazione di un libro.

 

La chiave del futuro è questa: proteggere il nostro futuro. “Un’opposizione che parla sempre e troppo degli altri è un’opposizione che di solito corre un rischio: offrire agli elettori l’immagine pericolosa di un partito che non ha nulla da dire. E se un partito non ha nulla da dire su quello che vuole fare, che è cosa diversa dal dire solo cosa non devono fare gli altri, quel partito ha anche poco da dire su quella che è la sua idea di futuro, la sua idea d’Italia, la sua idea di società. Noi, ora, dobbiamo affermare quale sia l’identità del Pd in maniera più precisa, sforzandoci di trovare un modo semplice, immediato, per spiegare che Italia vogliamo. Un esponente della Lega, del M5s, di Fratelli d’Italia riesce con facilità a spiegare agli elettori qual è il suo messaggio sul futuro del paese. Gli bastano trenta secondi. A un dirigente del nostro partito di solito, per spiegare che Italia sogna per il nostro avvenire, per spiegare in che modo vuole provare a proteggere i nostri cittadini, non bastano venti minuti. Quello che ci serve è evidente: identità, contenuti, leadership, semplicità”.

 

A partire da? “A partire dal lavoro. L’identità del Pd si andrà a costruire attorno a questo tema. E per fare un salto nel futuro il Pd ha il dovere di essere non solo, genericamente, il partito del lavoro, ma il partito di tutti i lavori. Non ho capito, direttore, come ha fatto la sinistra, in questi anni, a regalare alla destra milioni di partite Iva, di liberi professionisti, di lavoratori autonomi, che spesso sono ragazzi giovani che non arrivano a fine mese. E non ho capito, onestamente, perché c’è qualcuno che si ostina a contrapporre lavoro e ambiente”.

 

Forse perché esiste un ambientalismo che ha fatto della difesa dell’ambiente un surrogato della difesa dell’anticapitalismo? “Non ho capito poi anche un’altra cosa, guardando a sinistra, e non ho capito perché c’è qualcuno che ancora si ostina a non comprendere una cosa molto semplice: essere il partito dei lavori significa essere anche il partito della crescita ed essere il partito della crescita significa essere il partito che non dimentica mai che senza impresa non c’è lavoro”.

 

La torta, prima di essere redistribuita, deve essere creata. “Il Pd deve essere il partito della crescita, dei lavori, dei diritti, ma diritti declinati in modo concreto, non generico. Il diritto all’istruzione, il diritto alla salute, il diritto per un povero di avere dallo stato lo stesso trattamento di un non povero. Si può essere anche in disaccordo, ovvio, ma uguaglianza, per me, significa prima di tutto questo. Più diritti e più opportunità”.

   

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Eppure, facciamo notare al governatore, più che un problema di temi, forse, il Pd ha un problema di leadership e l’impressione è che da molti anni a questa parte il Pd abbia scelto di rendere il carisma incompatibile con la guida del partito. “La leadership è cruciale. Ogni progetto è incarnato da un leader. Ogni sogno è incarnato da un leader. Ogni paese in fondo, in un determinato periodo storico, è incarnato nella figura del suo leader. Lo sforzo da fare, a sinistra, è quello di tenere insieme una leadership che incarni non un'idea autoritaria dell’esercizio del potere ma un’idea concreta legata a un progetto di società. E io credo che su questo punto, avere una leadership che trasmetti un’idea di società, ci toccherà lavorare molto, toccherà darci da fare, altrimenti rischiamo davvero, noi del Pd, di diventare una forza politica che sta nel mezzo e che anche quando ha ragione non riesce a dispiegare il proprio potenziale”.

 

Stare nel mezzo, già. Perché Bonaccini sa qual è il rischio che corre oggi il Pd: trovarsi in mezzo a due partiti meno radicati, meno forti, meno popolari, come il M5s e come il cosiddetto Terzo polo, e osservare inerme, senza idea, senza forza, senza progetti, lo spolpamento del Pd: un po’ di qua e un po’ di là. “Sono un ottimista per natura e dunque, quando ragiono sul futuro, cerco di concentrarmi più sulle opportunità che sulle paure. E l’opportunità, rispetto al futuro, è questa per il Pd: dimostrare di avere una leadership non passeggera, in grado di guardare al futuro, in grado di proteggere i cittadini, in grado di risolvere i problemi, in grado di dimostrare ai cittadini che al governo un populista non vale come un non populista. Certo, per farlo, bisognerebbe anche trovare un modo per avere leggi elettorali che come succede nei comuni e come succede nelle regioni diano, a chi vince le elezioni, la possibilità concreta di poter governare cinque anni”.

 

Immagina il Pd cinque anni all’opposizione Bonaccini? “Io penso che al Pd farà bene stare all’opposizione e fare opposizione. E penso che starci per qualche anno, anche a costo di fare una traversata nel deserto, non sarà facile ma sarà necessario, per prepararci in maniera seria a governare di nuovo l’Italia quando sarà, con un progetto, un programma, un’idea forte per il futuro, senza dover pensare a scorciatoie che secondo me non verrebbero più capite dai cittadini. Io vorrei questo: una sinistra che la prossima volta va al governo non per accordi, anche di necessità, ma perché la destra l’ha battuta nelle urne, non nei convegni o in tv”.

 

E come si fa? “Il problema non è, come suggerisce qualcuno, la forma, i simboli, il problema è la sostanza. E’ l’identità. E’ incredibile che delle tre opposizioni che vi sono in questo momento in Italia noi del Pd, che siamo quelli che hanno preso alle urne il voto maggiore, quasi il 20 per cento, offriamo agli altri la possibilità di trattarci come penitenti destinati a scomparire. Non è così. E se mi consente il tema è un altro. E’ la prima volta che abbiamo alla nostra destra e alla nostra sinistra due soggetti nel campo del centrosinistra che fanno legittimamente il loro mestiere e che cercano però di rubare voti a noi per crescere anche loro. E questo è un rischio che dobbiamo vedere e che non possiamo sottovalutare. Ma è un rischio che dobbiamo vivere non come un’angoscia quotidiana ma come una grande opportunità per rigenerarci. Salvini e Meloni, con alterne fortune, hanno portato i propri partiti dal 4 per cento al 30  e al 20 per cento. Noi siamo quasi al 20 per cento. Ve lo garantisco: possiamo avere, ancora, un grande futuro”.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.