Foto di Mauro Scrobogna, via LaPresse 

Governo, interno notte

Salvate il soldato Piantedosi dal metodo Salvini

Claudio Cerasa

La relazione del ministro dell’Interno è il perfetto manifesto dell’impotenza del governo Meloni. Europa e migranti. Perché il modello sull'immigrazione del Conte 1 porta più confusione, meno umanità, più sputtanamento e più illegalità

La lettura delle trentaseimila battute dell’informativa consegnata ieri mattina alle Camere dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi offre all’osservatore meno distratto buone ragioni per nutrire una certa preoccupazione rispetto al futuro del governo. Piantedosi, nel corso della sua relazione, ha illustrato le strategie della maggioranza di centrodestra sul tema della gestione dei flussi migratori. E lo ha fatto riconoscendo, in modo comico e surreale, che tutto quello che serve oggi all’Italia per governare il fenomeno, per tamponare i problemi e per lavorare alle soluzioni è l’esatto opposto di quello che ha fatto finora il governo italiano.

 

Piantedosi, correttamente, dice che l’Italia ha il dovere di “sviluppare una nuova politica europea in materia di migrazione e di asilo, realmente ispirata ai princìpi di solidarietà e responsabilità e che sia equamente condivisa fra tutti gli stati membri”. Ma nel farlo è costretto a riconoscere che i problemi che contano, quando si parla di immigrazione, si dovrebbero affrontare cambiando la rotta dell’Europa, non quella delle ong. I fenomeni migratori, dice Piantedosi, sono “sfide epocali che non possono essere affrontate dai singoli stati e sulle quali è arrivato il tempo che l’Unione europea sviluppi una grande politica per le migrazioni”. E mentre lo dice chissà se avrà pensato a quello che in meno di un mese è riuscito a combinare il governo di cui fa parte: creare una crisi diplomatica con la Francia per la bellezza di 234 migranti, chiedere l’aiuto del Quirinale per rimarginare la ferita con Macron, far aumentare i controlli alle frontiere con la Francia dimenticando che l’Italia è prima di tutto un paese di transito (“i movimenti secondari – ha giustamente ricordato ieri Carlo Calenda al Senato – coprono quasi per intero gli arrivi di nuovi migranti e quindi con controlli più severi alle frontiere avremmo decine di migliaia di migranti in più, un fantastico risultato”) e dimostrare che l’Italia guidata dai sovranisti è intenzionata a chiedere solidarietà agli altri paesi europei (sull’economia) senza essere disposti a concederla (sull’immigrazione).

 

Serve più Europa, dice Piantedosi, quando si parla di redistribuzione, di corridoi umanitari, di rimpatri, di piani per l’Africa, e mentre lo dice chissà se per un attimo, l’ex capo di gabinetto di Matteo Salvini, non ricordi ciò che ha già prodotto in Italia la gestione dell’immigrazione modello Salvini. Salvini, nel 2019, promise che avrebbe fatto diminuire il numero degli irregolari, ma l’effetto del suo primo decreto Sicurezza, che avrebbe voluto trasformare in irregolari i richiedenti asilo, fu di segno opposto e anche grazie a Salvini gli irregolari aumentarono. Salvini, da ministro, è stato quello che ha sostenuto l’inutilità della missione Sophia, la missione europea di contrasto al traffico di esseri umani nel Mediterraneo che Giorgia Meloni oggi vorrebbe riesumare. Salvini, da ministro, promise che avrebbe rimandato indietro nel giro di poco tempo 500 mila irregolari, ma il ritmo dei rimpatri registrato durante la sua stagione di governo, 20 al giorno, indicava che per raggiungere quell’obiettivo sarebbero serviti circa 70 anni. Piantedosi, oggi, si trova nella difficile posizione di dover rivendicare l’operato del governo Meloni, che sull’immigrazione ha scelto di portare avanti il modello del Conte 1, provando contemporaneamente a spiegare perché per risolvere i problemi legati all’immigrazione occorre fare l’opposto di quello che sta facendo il governo Meloni. 

  

Colpisce per quello che ha detto, Piantedosi, e colpisce anche il fatto che stando alla sua relazione la Ocean Viking si sarebbe “diretta autonomamente verso le coste francesi”, frase che di fatto smentisce le affermazioni fatte dal titolare del governo (Meloni) e dal titolare di Piantedosi (Salvini) secondo i quali invece prima della crisi diplomatica con la Francia l’Italia aveva raggiunto uno straordinario accordo con Macron per far sbarcare l’ong sul territorio francese. Ma la relazione colpisce anche per tutto quello che non ha detto. Non una parola sul decreto flussi (eppure, per le imprese italiane, avere nuova manodopera è un problema persino più urgente del caro bollette). Non una parola sugli Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati smantellato da Salvini nel 2019 senza il quale il processo di integrazione degli immigrati è divenuto più complesso). Non una parola sugli accordi di Dublino (il meccanismo che prevede che a farsi carico dell’accoglienza e delle richieste di asilo siano i paesi di “primo approdo” e che il partito di cui il prefetto Piantedosi è espressione, la Lega, ha scelto sistematicamente di non modificare al Parlamento europeo quando vi è stata l’opportunità).

 

E soprattutto non una parola e non un dato sul numero effettivo di richiedenti asilo in Italia (Piantedosi sostiene che in Italia vi sia un’emergenza galattica sull’immigrazione, causata principalmente dal pull factor delle ong, ma dimentica di dire, come ha ricordato bene la senatrice Julia Unterberger, che i migranti soccorsi in mare dalle ong sono appena l’11 per cento del totale, che l’Italia non è tra i paesi con il maggior numero di richiedenti asilo, che l’Italia non è tra i paesi con il maggior numero di rifugiati, che l’Italia non è neppure quello con il maggior numero di irregolari e che sulle richieste d’asilo l’Italia ha un numero di domande che è un terzo rispetto alla Grecia e meno della metà rispetto alla Germania). Colpisce per quello che ha detto e per quello che non ha detto, Piantedosi, e le ragioni per preoccuparsi, dopo aver ascoltato le sue parole, sono molte e sono soprattutto legate a un problema: il metodo Salvini abbiamo già visto come funziona, sull’immigrazione, e porta più confusione, porta meno umanità, porta più sputtanamento, porta più illegalità e come ha cercato di dire Piantedosi tra le righe quel metodo, di nuovo di moda, non è parte delle soluzioni ma è parte dei problemi. Salvate il soldato Piantedosi.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.