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L'intervista

“La mia Lega ormai sembra Scherzi a parte”. Parla Gianpaolo Vallardi

Francesco Gottardi

Vallardi è stato il parlamentare veneto più presente della scorsa legislatura. Oggi Salvini ha silurato anche lui. “Ma non datemi del frustrato: per riavere la poltrona, anziché far politica avrei dovuto ruffianarmi il re. E senza il nord il Carroccio muore”

Lo vedrete nel corso di questa intervista: Gianpaolo Vallardi ha un debole per le metafore. “Non è che mi hanno tolto il giocattolo”, dice l’ex senatore della Lega, fuori dalla lista dei candidati alle ultime elezioni. Un epurato eccellente. Che l’ha saputo via televisione. “Per me è quasi un vanto”. Perché chi si è illuso un po’ più a lungo di far parte della truppa è finito peggio: Erika Stefani, Colmellere, Lucchini, Binelli. Destinati a un ruolo nel nuovo governo, parola di Salvini, e invece pernacchie. “A me restano i fatti”, ribatte Vallardi, già presidente della Commissione agricoltura. “Sono stato il primo dei parlamentari veneti per numero di presenze in Senato. Ho fatto realizzare una legge che porta il mio nome”, sulle piccole produzioni locali. “E portato in aula altre quattro risoluzioni. Quindi c’è delusione, perché i vertici del partito hanno voluto fermare il motore di un’auto in piena corsa. Ma frustrazione no. Era facile riottenere la ricandidatura: invece che occuparsi del piano normativo, bastava perdere tempo a fare i ruffiani”. Come qualcun altro. “Dalle mie parti”, nella campagna trevigiana, “si dice meglio pane e cipolla che chiedere da mangiare”.

 

Vallardi, lo sottolinea con fierezza, è figlio di mezzadri, villan, come li cantava Jannacci: e sempre allegri bisogna stare / che il nostro piangere fa male al re. E oggi re Matteo “è nudo. Se dici al re che è bello anche quando è nudo, la storia insegna che finisce male. Ma il re non lo vuole capire. E preferisce circondarsi di burattini”. Qualcuno ricompensato, molti nemmeno quello. “La politica non significa fedeltà fine a sé stessa: al contrario, la fedeltà dovrebbe essere conseguenza della condivisione di un progetto. Cioè il presupposto della credibilità. Che ormai la Lega ha perso completamente”. A partire dal suo leader. “Ma davvero la priorità è diventata il ponte sullo Stretto? Questa la viviamo malissimo, qui al nord. Trent’anni di lavoro buttati via. Roba da Scherzi a parte”.

   

L’ex senatore aveva aspettato l’esito delle urne in silenzio. Ora spara senza freni. “La gente quando guarda Salvini in tv cambia canale. Sta facendo la fine di Renzi: ha detto e rinnegato troppe cose. Magliette pro-Putin e sceneggiate al confine ucraino. No vax un giorno sì e uno no. Oggi proclama un provvedimento da 9 miliardi, due mesi fa ne chiedeva 50 a Draghi. Rincorriamo i problemi con affanno”. Colpo di grazia: “È finita l’ora di Facebook. Per anni i social ci hanno pompato, ma quando si scontrano con la realtà non contano più un cazzo”. Alè. “La Lega vive un crollo drammatico a partire dalle sue roccaforti. Eppure se ne frega. Da dove salta fuori Luigi D’Eramo, il sottosegretario all’Agricoltura? Certo non dal Carroccio. E ne abbiamo altri due di Padova”, Bitonci e Ostellari, “dove il partito si è fermato al 6-7 per cento. È tutto surreale”.

    

Ma loro sono salviniani doc. “Il diktat è: o mi dimostri cieca lealtà al 110 per cento, oppure non ti candido”, conferma Vallardi. “C’è un gruppo di pretoriani arroccati in un angolo, fortunati a venire eletti nonostante il disastro al voto. Va detto, strappare così tanti parlamentari a FdI è stato un capolavoro tattico del segretario. Però non è la fotografia del territorio. Che non ha abbandonato la questione settentrionale e la sua forte identità autonomista. Distruggere il consenso interno non porterà lontano la Lega”. Ecco perché è nato il Comitato nord. Già finito nel libro nero di Salvini. “Non mi preoccupa: è il tipico Matteo, che un giorno dice una cosa, poi la smentisce e così via”. In effetti. “Noi non siamo contro il Carroccio. Ma a sostegno delle sue battaglie dimenticate: come i vecchi cavalieri templari, ultimo baluardo all’emorragia di militanti”. Anche nel Triveneto, dove spuntano foto di ‘Serenissime’ cene. Presenti tutti i dissidenti: Toni Da Re, Marcello Bano. Vallardi. “Siamo al lavoro e in contatto con gli amici della Lombardia. Insieme a Fabrizio Boron”, il consigliere regionale che al Foglio aveva ben spiegato la dinamica dei congressi farsa, “presenteremo ufficialmente il progetto entro la fine dell’anno”.

 

Superfluo dichiarare l’obiettivo. “Salvini diceva che l’autonomia differenziata sarebbe stata la contropartita del reddito di cittadinanza. Beh, a oggi l’unica cosa che abbiamo visto è il 60 per cento dei privilegi del Pnrr destinato al sud: i peccati di fondo non si cancellano con due preghierine in chiesa”. Eppure, gli incontri delle ultime settimane fra Zaia e Calderoli fanno sperare i federalisti. “Pecunia non olet”, sorride Vallardi. “Se l’autonomia me la porterà a casa Salvini, bene così”. Da zero a cento quanto ci crede? “50 e 50, dai. È come lanciare una moneta”. Come minimo sarà truccata, di questi tempi.

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