Alcuni migranti sbarcano al porto di Catania dalla nave ong Geo Barents (foto LaPresse)

Meloni resta in silenzio e lascia Salvini giocare con le ong

L'unica cosa in cui il governo può fare “cose di destra” è l'immigrazione

Luca Gambardella

Dallo scorso 20 ottobre le organizzazioni non governative hanno recuperato meno di un migliaio di persone, a fronte delle 11 mila arrivate sulle coste italiane. Il governo vuol fare credere che i porti siano chiusi, ma non sono mai stati così aperti. Il modello britannico e i richiami della Commissione Ue

Il mantra ripetuto a denti stretti nel governo somiglia tanto a quello che andava in voga ai tempi gialloverdi: fare credere che i porti siano chiusi, quando in realtà non sono mai stati così aperti. Lunedì sera, mentre tutti i riflettori erano puntati sulla banchina di Catania, con 572 migranti costretti a bordo di quattro navi umanitarie, altrove, ad appena 15 miglia al largo di Siracusa, altri 500 venivano salvati e portati prontamente sulle nostre coste. L’operazione coordinata dalla Capitaneria di porto ha coinvolto il rimorchiatore Nos Aries, una motovedetta della Guardia di Finanza, un’altra della Guardia costiera e un pattugliatore di Frontex. Un impegno massiccio, ma profuso nel massimo riserbo. 

  

 

E’ questa l’anomalia – se tale si può definire – che va avanti da qualche tempo: le motovedette della Guardia costiera e della Guardia di Finanza hanno ripreso a occupare il Mediterraneo, a fare salvataggi e a coordinare le operazioni di sbarco, spingendosi anche a diverse miglia di distanza dalle nostre coste, in acque internazionali. Si tratta di un dato in controtendenza rispetto alle gestioni di Salvini prima e Lamorgese poi, quando non di rado le chiamate di aiuto restavano inevase. Una tendenza fotografata ancora meglio dai numeri: dallo scorso 20 ottobre le ong hanno recuperato meno di un migliaio di persone, a fronte di 11 mila che invece sono giunte sulle coste italiane in autonomia o a bordo delle nostre motovedette. Basterebbe questo per figurarsi la portata di un paradosso diventato dramma, come quello vissuto a bordo delle navi ong  stracolme di disgraziati. Dalla Geo Barents, due migranti si sono gettati in mare, esasperati da un viaggio lungo mesi. Gli altri a bordo, dove si è diffusa un’epidemia di scabbia, urlavano “aiutateci!”. Il problema non esisterebbe, fa notare al Foglio Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni. “Le ong quest’anno hanno soccorso solo il 15 per cento delle persone arrivate, la discussione attuale ha un senso piuttosto relativo”. Ma dal governo si risponde con toni da emergenza umanitaria: “Non saremo il campo profughi d’Europa”, ha avvertito la sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti di Fratelli d’Italia. La Commissione europea ha richiamato il governo italiano – è già la terza volta dal giorno dell’insediamento del governo Meloni, altro che discontinuità – a interrompere il suo ostracismo contro le ong. L’Italia ha il “dovere morale e legale di salvare le persone in mare, in base alle leggi internazionali”, ha detto la portavoce del Berlaymont. Il piano di ricollocamento volontario dei migranti entrato in vigore lo scorso giugno non è ancora stato azionato per le persone recuperate dalle ong in queste ore, fa sapere l’Oim. Finora solo la Francia si è offerta di accoglierne qualcuna  e per martedì si attendono novità dall’Eliseo. Ma i numeri riguarderanno eventualmente solo poche decine di persone perché – ricordano gli altri stati europei – attraverso i movimenti secondari gran parte dei migranti giunti in Italia si riversa già altrove. 

   

 

Intanto, nel marasma delle dichiarazioni politiche, l’unica a essere rimasta in silenzio è proprio Giorgia Meloni. Già da prima di partire per l’Egitto, la premier ha fatto da spettatrice dell’offensiva pianificata dal Viminale contro le ong e delle polemiche sorte per il decreto interministeriale voluto da Matteo Piantedosi, quello che autorizzava lo sbarco “selettivo”, limitato cioè ai soli migranti considerati “fragili”. Il decreto portava la controfirma del ministro della Difesa Guido Crosetto e – soprattutto – quella di Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture. Non a caso, proprio lunedì il leader della Lega ha visitato la Centrale operativa della Guardia costiera. E poco prima aveva rilanciato sui social una dichiarazione di Suella Braverman, la ministra dell’Interno britannica famosa per volere rispedire in Ruanda i profughi arrivati nel Regno Unito. “Faremo qualsiasi cosa per fermare i barconi sulla Manica”, era l’appello della ministra soprannominata “Cruella” e rilanciata da Salvini. Non a caso. 

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.