LaPresse

il caso

Forza Italia: "Correggere la norma anti-rave". Ma FdI e Lega potrebbero opporsi

Ruggiero Montenegro

L'ala garantista del governo annuncia correzioni sul decreto contro i raduni illegali. Il viceministro alla Giustizia Sisto: "Non è e non sarà una norma liberticida". Il forzista Mulè: "Abbassare le pene. Servono paletti sulle intercettazioni". Ma il sottosegretario leghista all'Interno Molteni frena: "Indietro non si torna"

L'ala garantista del governo adesso batte un colpo e dà appuntamento in Parlamento. Perché quella norma sui rave è un gran pasticcio, è scritta male e definisce un campo d'applicazione troppo vago. Andrà cambiata per evitare derive troppo giustizialiste. Lo hanno fatto notare nelle scorse ore i giuristi, parlando di analfabetismo legislativo, oltre alle opposizioni. E ora anche da Forza Italia chiedono che nel convertire il decreto, la legge venga ammorbidita. "Non è nemmeno immaginabile il pregiudizio, e meno che mai a mezzo di una norma penale, di diritti ampiamente tutelati dalla Costituzione. Riteniamo che l’eccesso di intercettazioni non sia mai uno sport edificante e, ove tale scia fosse condivisa, si potrebbe pensare ad una modifica parlamentare della pena massima per evitarle", ha detto questa mattina il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. "Se ci sarà da intervenire per rendere più chiara la tipicità della norma ed evitare così le strumentali accuse di applicabilità ai casi di legittimo esercizio del diritto di manifestare la propria opinione, questo potrà accadere nell’ambito del dibattito parlamentare. Una cosa è certa: questa non è e non sarà una norma liberticida", ha aggiunto l'esponente azzurro. 

 

Ma d'altra parte il solo fatto di dover specificare che il provvedimento non intende ledere alcun principio costituzionale, rende l'idea di come il Consiglio dei ministri abbia lavorato con troppa fretta, inseguendo forse i titoli dei giornali. Non sono bastate ai garantisti nemmeno le parole di Giorgia Meloni che, rivendicando "una norma di cui vado fiera",  ha voluto "rassicurare i cittadini che non negheremo a nessuno di esprimere il dissenso". E probabilmente sarà così, si vedrà, ma non è questa l'unica critica: perché con una pena fino a sei anni - come prevedere il decreto - si apre alla possibilità di intercettare gli indagati. Un po' troppo.  E infatti, "ci sono provvedimenti in contrasto con i principi di Forza Italia", chiarisce il vicepresidente della Camera forzista Giorgio Mulè, in un'intervista a La Stampa, pur ammettendo che la decisione del governo muove da un'esigenza reale. Ma assicura anche che "in Parlamento si ragionerà sulla pena prevista che per noi deve essere non superiore ai 5 anni". Il deputato mette a fuoco le criticità che riguardano le intercettazioni, guardando "all'eccessiva discrezionalità lasciata ai pm. Quindi è giusto mettere dei paletti".

 

Lo dice Mulè ma è un po' il riassunto delle idee espresse da Nordio negli ultimi anni. Il ministro della Giustizia, non è un mistero, ha mostrato una certa insofferenza rispetto alle prime mosse del governo. E c'è chi vede già in queste tensioni la prima frattura nella moggioranza. Il titolare di via Arenula, intanto, dice che la norma anti-rave "non incide, né potrebbe incidere minimamente sui sacrosanti diritti della libera espressione del pensiero e della libera riunione". Ma lascia la porta aperta: "La sua formulazione complessa è sottoposta al vaglio del Parlamento, al quale è devoluta la funzione di approvarla o modificarla secondo le sue intenzioni sovrane".

 

Il decreto dovrà essere convertito entro la fine dell'anno ma, al netto delle dichiarazioni del ministro e dei più garantisti, non è detto che la strada verso la modifica sia così ovvia. In Cdm infatti è stata l'asse FdI-Lega a spingere per una norma così dura. Nella prima proposta del ministro Piantedosi si prevedeva addirittura l'utilizzo delle intercettazioni preventive per i presunti organizzatori dei rave, poi pare sia intervenuto Tajani. Sta di fatto che il partito di Meloni per ora tira dritto, con il deputato Federico Mollicone che vede il decreto già applicato "giustamente ai palazzi occupati pubblici o privati come accade a Roma". È un po' la linea che viene dal Carroccio: "Il testo potrà essere cambiato con il contributo di tutti", ammette Nicola Molteni, sottosegretario agli Interni - non uno qualsiasi. Ma l'impianto generale, dice al Giornale, quello non si discute: "Indietro non possiamo e vogliamo tornare. Valuteremo le critiche, ma non siamo disposti a rinunciare al programma per cui siamo stati eletti". Anche con i voti di Forza Italia. 
 

Di più su questi argomenti: