Foto LaPresse

Conte-D'Alema, coppia di fatto smentita e non smentita

Marianna Rizzini

"La notizia per cui avrei votato Movimento 5 stelle è falsa”, dice l'ex presidente del Consiglio. I punti in comune tra i due però ci sono e sono molti

“Campagna vergognosa”: sono le 12.44 di mercoledì quando la notizia irrompe sugli schermi degli smartphone. L’ex premier Massimo D’Alema smentisce di aver votato per l’ex premier Giuseppe Conte, azione che alcuni retroscena gli avevano attribuito il giorno prima. Ma non si sa se le parole saranno sufficienti, visti gli indizi che le avevano rese non così incredibili agli occhi di molti osservatori, e nonostante la veemenza di D’Alema: “Inaccettabile violazione di uno dei principi della democrazia: la segretezza del voto. In ogni caso la notizia per cui avrei votato Movimento 5 stelle è falsa”.

 

Intanto, però, nella stessa mattina di ieri, sul Fatto, D’Alema aveva rilasciato un’intervista che era parsa eloquente ai sostenitori della tesi da lui smentita, sulla scia di una corrispondenza di vedute con l’ex premier e comunque di un’aderenza all’idea di un rapporto stretto tra i due partiti, al punto da essere considerato uno degli ispiratori-promotori-motori di lungo corso della medesima. “Ma il Pd dove vive? I Cinque stelle sono indispensabili”, recitava il titolo dell’intervista in cui D’Alema certo non faceva sconti al Pd: “Il Pd, vincolato a Draghi, non sa niente degli italiani e non parlano mai di pace. Conte ha ricollocato i Cinque Stelle a sinistra”, recitava il titolo. Il succo era che Conte, secondo D’Alema, è stato “oggetto di una campagna per logorarlo” e che il Pd “non è stato vicino” all’ex premier. Cioè a un Conte che, sempre secondo D’Alema, “ha rifondato e ricollocato il M5s”. E il Pd, questo il corollario, “ha bisogno di lui perché non intercetta più il voto popolare”. Ed era parsa, quella, la prova regina dell’esistenza di una specie di “strana coppia” politica occulta nonché della “smoking gun” della futura opa di Conte sul Pd in crisi. E la smentita di D’Alema smentiva la questione voto, sì, ma non il pregresso. E cioè tutta quella serie di segnali che, nei mesi scorsi, avevano fatto intravedere la presenza di un filo rossogiallo teso tra due personaggi all’apparenza così diversi, per giunta identificati, negli slogan dei rispettivi avversari, l’uno come esponente della “casta” e l’altro come simbolo di “anticasta” assurta al potere.

 

E insomma, raccontano gli aruspici, che tra D’Alema e Conte ci fosse stima e ascolto (D’Alema che stima Conte e Conte che ascolta D’Alema) era noto “fin dai tempi del governo Conte 2”, lungo la direttrice bettiniana (nel senso di Goffredo Bettini), da un lato, e speranziana (nel senso del ministro della Salute uscente Roberto Speranza), con crocevia in zona Arcuri e aedi della corrispondenza  Pd-M5s in area Michele Emiliano e Francesco Boccia. Andando a ritroso, dice un insider, “D’Alema e i Cinque Stelle si erano già incrociati nell’ambiente della Link Campus”, e si sa che da quel mondo provengono figure per così dire tecniche poi cooptate nell’era governativa contiana. Correndo invece avanti, alla primavera-estate che ha visto la crisi del governo Draghi, è la comune posizione sulla guerra in Ucraina (comune a D’Alema e Conte, contro la linea Draghi) che porta cemento al ponte politico tra i due, al punto che l’impianto delle obiezioni di Conte a Draghi sul tema Ucraina appariva ai dalemiani “molto dalemiano”, dice un ex dalemiano. E il discorso di D’Alema al congresso di Articolo 1, nell’aprile scorso, era parso, con il senno di poi, un possibile canovaccio d’ispirazione per la linea contiana successiva: “Pensare che la democrazia superi la sua crisi mettendo l’elmetto è semplicistico”, aveva detto D’Alema in quell’occasione, ”e può essere disastroso per le forze democratiche e di sinistra a cui apparteniamo. La democrazia deve essere una forza in grado di offrire speranza e questo richiede una visione delle relazioni internazionali in cui torni a essere centrale un’ espressione antica: la coesistenza pacifica… Una politica saggia avrebbe cercato di usare la distanza dalla posizione cinese invece di cercare di coinvolgere la Cina nel conflitto”. Quanto al giudizio critico su Draghi stesso, la linea D’Alema e la linea Conte avevano più di un punto in comune (della serie: premier tecnico uguale rovina per l’Italia). Nei giorni scorsi, poi, quando Rosy Bindi, alla testa un gruppo di intellettuali e politici, ha fatto appello a Pd e M5s per la costituzione di un fronte progressista (con eventuale “scioglimento dell’esistente”, cioè del Pd), c’è chi ci ha visto contaminazioni dalemiane di fatto. E insomma, ride amaro un dirigente pd, “la direzione di oggi si apre con Conte e D’Alema appollaiati sulla finestra del Nazareno”.

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.