I nemici di Giorgia Meloni sono i suoi amici

Claudio Cerasa

Fare come Le Pen? Ahi. Fare come Orbán? Guai. Fare come Truss? Aiuto, arriva l’Fmi! Perché la leader più amata dagli outsider si candida a essere la voce di tutto ciò che ha combattuto: un nuovo magnifico mainstream

Più si guarda attorno, Giorgia Meloni, e più le risulta evidente che per la sua futura coalizione di governo l’unica speranza di cavarsela, a Palazzo Chigi, è prepararsi a deludere fortissimamente le due anime allegre che vivono nel partito meloniano. La prima anima, ovviamente, è quella sovranista. La seconda, invece, è quella conservatrice. La prima anima, quella sovranista, quella che già oggi borbotta immaginando di vedere una Meloni schiava dei mercati, amica dei banchieri, commissariata dal prossimo ministro dell’Economia, sottomessa al Quirinale e pappa e ciccia con Mario Draghi, è quella che Meloni ha rapidamente messo da parte all’indomani delle elezioni ed è sufficiente guardare la sua timeline di Twitter per rendersene conto. I vecchi amici, Marine Le Pen, Viktor Orbán, Vox, l’AfD, le hanno fatto grandi complimenti, daje Giorgia, e lei invece, ingrata, su Twitter ha occhi per tutti tranne che per loro. Ringrazia Zelensky, che le ha fatto i complimenti. Ringrazia il premier polacco, che l’ha riempita di elogi. Ringrazia il premier indiano, che le ha rivolto parole calorose. Ma loro, i paladini del sovranismo, no, zero, nulla, nessun mi piace, nessun retweet.

 

Si guarda intorno, Meloni, si guarda intorno in Europa, e i vecchi amici, molti di loro, sono lì a presentarsi al cospetto della Meloni più di governo che di lotta come tanti piccoli scheletri politici da rinchiudere rapidamente nell’armadio del sovranismo. Vale per loro, ovviamente, ma vale anche per qualcun altro, qualcuno di più interessante da osservare, e il nostro pensiero, oggi, non può che andare a una prima ministra che Meloni, giusto pochi giorni fa, aveva indicato come un faro, come una fonte di ispirazione, come un modello da studiare. Conservatori noi, diceva Meloni, e conservatori loro. Ribelli loro, ribelli noi. Scorretti loro, scorretti noi. Mi casa es tu casa: il loro programma è il nostro programma.

  

Succede però che, giusto a pochi giorni dall’arrivo della Liz Truss italiana a Palazzo Chigi, la Giorgia Meloni inglese fa esattamente tutto quello che la vera Meloni ha promesso di non fare: finanziare la crescita del proprio paese attingendo in modo copioso dal debito pubblico. E così Truss, mentre Meloni dice che l’Italia farà come la Truss, presenta un piano monstre da 45 miliardi di sterline di taglio delle tasse a famiglie e imprese, finanziato in deficit, e nel giro di poche ore prima la sterlina britannica crolla (ai minimi storici con il dollaro), poi la Bank of England, già costretta a promettere aumenti dei tassi di interesse dopo il piano presentato da Truss contro il caro bollette, di fronte al crollo dei titolo di stato britannici annuncia un intervento straordinario per acquistare bond a lungo termine. E, come se non bastasse, contestualmente, il Fondo monetario internazionale arriva, in modo irrituale, a condannare le mosse di politiche economiche della Truss, arrivando a dire che le misure, oltre che destabilizzare l’economia inglese, “è probabile che aumenteranno anche le diseguaglianze”. Bum!

 

Archiviato il modello Le Pen (forse), messo da parte il modello Orbán (dice), ignorato il modello Vox (per quanto?), infilato in un cassetto il metodo Truss (ah, gli outsider) non resta che confrontarsi con il paradigma Trump. Ma anche qui per gli amici sovranisti e i compagni nazionalisti altre delusioni in vista. Per esempio sui diritti. Tema: Meloni farà come i repubblicani americani e darà grande battaglia sull’aborto? Macché. Meloni dice che la 194 non si tocca. Sua sorella, Arianna, dice che non è vero che Giorgia è contro l’aborto. Il compagno, Andrea Giambruno, ribadisce che “non c’è alcuna discussione: non troverà una riga in cui Giorgia contesta la legge 194”, e per parecchi follower della Meloni altre delusioni: ma come, neanche qui ci ascolterà? Mica ci vorrete dire che l’essere anti mainstream di Meloni si limita a far dire a qualcuno dei suoi due parole su Peppa Pig? E qui arriva il punto, per qualcuno il problema, per qualcun altro la svolta. E il punto è semplice: ma vuoi vedere che alla fine, dopo aver fatto una ricognizione tra i vecchi amici (ci sentiamo presto eh, ti richiamo io), dopo aver fatto una ricognizione tra i nuovi amici (andate avanti voi, io arrivo subito), la leader che si candida a essere, per l’Italia, la voce degli outsider altro non potrà fare che essere la voce di tutto ciò che ha sempre combattuto: un nuovo magnifico mainstream, a parte Peppa Pig, oh yeah.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.