Carola Matteo

La Sea Watch di Salvini: incarichi nel partito, ruoli nelle partecipate. Ecco chi sta salvando dal naufragio

Carmelo Caruso

Il segretario della Lega si blinda mettendo al riparo i fedelissimi. Nel Carroccio scoppia la questione famigliare. Dalla Lombardia alla Toscana, le coppie leghiste che hanno scalato

Organizza la ritirata e dice che prepara la vittoria. Matteo Salvini sta facendo testamento. Per gestire la sua possibile rovina elettorale, la caduta, da mesi “scuda” capitale (umano). Lo distacca in provincia, lo blinda nelle liste, lo colloca nelle partecipate. E’ in corso nella Lega una grande operazione di salvataggio, di “rescue”, come quelle della capitana Carola Rackete. Dal 16 settembre, alla Fondazione Fiera Milano, nel consiglio generale, siede, per la seconda volta, Giulia Martinelli, una militante, una leghista che si è spesa, e tanto, per il partito ma che è anche l’ ex compagna di Salvini.

 

E’ al momento pure capo di gabinetto del presidente Attilio Fontana, un uomo perbene che per la fragilità di Salvini sta rischiando di non essere ricandidato dalla coalizione di centrodestra. Si è già fatta avanti Letizia Moratti e FdI sta attendendo le elezioni per ridimensionare le pretese della Lega in Lombardia. Nella Lega sta per deflagrare una seria questione famigliare.


La Lega non sopporta più il familismo. E’ un fenomeno che è esploso e generato in  candidature blindate, posti di sottogoverno, cariche di partito. In Toscana, la coppia Susanna Ceccardi e Andrea Barabotti si muove come una falange. Lei è europarlamentare, lui, oltre a essere responsabile organizzativo, è stato candidato capolista. Verrà eletto, ma quanto veleno sprigionerà la sua elezione? Si dirà, non c’è nulla di male. Non c’è nulla di male fino a quando non si scontenta un’altra coppia leghista.

 

In Veneto, Gianpaolo Bottacin, che è assessore regionale all’Ambiente, è adirato con i vertici perché la moglie, già deputata, Angela Colmellere, è stata inserita in una posizione ineleggibile. Un’altra deputata della Lega, vicina al capo, Elena Lucchini, ha invece sconquassato una comunità, quella pavese, quando ha imposto il marito, Giovanni Palli, sindaco di Varzi, come presidente della provincia di Pavia.

 

In Piemonte una regione è in stato di agitazione per la candidatura di Rebecca Frassini, compagna di Riccardo Molinari, il “corsaro”, capogruppo alla Camera, e uno dei possibili avversari di Salvini. Ottenendo la candidatura della compagna, Molinari ha già dato prova del suo peso. Sono esempi di uomini e donne di provata fiducia che il “mozzo” Salvini sta imbarcando sulla sua Sea Watch in vista del naufragio.

Proteggendoli come coppia è più facile ottenere la loro gratitudine anche dopo il 25 settembre. Nelle Marche, su suggerimento di Armando Siri, Salvini ha voluto candidare Giorgia Latini capolista alla Camera. Era stata eletta in Parlamento salvo poi dimettersi per andare a ricoprire l’incarico di assessore regionale alla cultura. La sua candidatura sta causando le proteste del partito per via del marito, un importante imprenditore, e del suo gruppo, protagonista negli anni scorsi del fallimento della società Saco.

In Lombardia c’è un caso che è il “caso”. E’ quello del segretario regionale Fabrizio Cecchetti, un altro compagno di slogan di Salvini, uno che è stato premiato perché evidentemente, una sera, la sera in cui Salvini era di malumore, avrà pronunciato la battuta che lo ha fatto sghignazzare: “Bravo, ti faccio segretario”.

 

Nella Lega da anni funziona in questo modo. Prima che Cecchetti venisse nominato da Salvini come Carlo Magno nominava i suoi vassalli, i segretari lombardi erano regolarmente eletti. L’ultimo è stato Paolo Grimoldi, che non è stato ricandidato. Ma di questo si è scritto. Quello di cui non si è scritto è che la famiglia Cecchetti ha in mano il partito lombardo.

 

A Como, Laura Santin, moglie di Cecchetti, è la segretaria provinciale. Ma Santin siede pure nel cda di Como Acqua con l’incarico di vicepresidente. Restiamo sempre in Lombardia. Una delle grandi opere di cui va fiera questa regione è l’Autostrada Pedemontana. Il suo presidente, prima che la mano di Salvini vi si abbattesse, era Roberto Castelli, ex ministro della Giustizia. Aveva operato, a parere di tutti, in maniera encomiabile. Almeno questo era anche il parere del governatore Fontana. Castelli aveva risolto un contenzioso storico che rischiava di gravare sulla società per oltre un miliardo di euro. Era riuscito  a ottenere un ulteriore finanziamento da oltre un miliardo e settecento milioni di euro.

 

Accade però che per volere di Giulio Centemero, il tesoriere leghista (altro blindato in lista) si procede a un “rimpasto”. Vengono nominati nel cda della Pedemontana tre leghisti vicini al segretario. Sono Monica Casiraghi, Valentina Zanetto e Barbara Boschetti. Quest’ultima rende la vita difficile. Castelli lascia, ma si racconta; e si racconta incrociando più informazioni, che perfino l’attuale presidente si sia rivolto a Fontana dicendo: “O lascia lei o me ne vado io”.

Alla fine è andata via Boschetti. Un ingranaggio che stava funzionando è stato manomesso per compiacere il capo e il capo ha anche un “capo” di gabinetto come Andrea Paganella. E’ stato tutelato con abilità. La sua candidatura è stata tenuta segreta e alla fine il suo nome è finito in terza posizione nel Lazio: una posizione che non corrisponde a una elezione certissima, ma è una posizione che per una serie di incastri gli permetterà di entrare nelle istituzioni senza fare rumore.

 

Paganella lavora al quarto piano del Senato insieme a Salvini, quel quarto piano, dove, fino a pochi giorni fa, è stato visto entrare Alberto Di Rubba. E’ uno dei commercialisti della Lega indagati per bancarotta e peculato. La domanda che i leghisti si sono fatti accorgendosi del suo ingresso è stata: “Se un uomo riceve delle accuse così pesanti, un segretario dovrebbe dire: non lo voglio più vedere. Ma se un segretario lascia che quella figura entri al Senato allora il sospetto è che quella figura serva ancora”. L’ultima proposta di Salvini è di ripristinare le province. Sono gli ultimi moli possibili per ripararsi. Il Viminale di Salvini  è ormai la provincia di Vigevano.
 

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio